Dodi Battaglia e Tommy Emmanuel sanno benissimo "Dov'e' andata la musica" - Venerdi' 16.04.2015
È molto difficile per me non essere di parte quando si parla di uno dei mie due chitarristi preferiti in assoluto. Dodi Battaglia costituisce, insieme ad un altro chitarrista statunitense di cui non farò il nome, la coppia di pilastri (con una miriade di altri pilastrini e travi varie) su cui poggia il mio modesto chitarrismo.
Per quanto fossi entusiasta all’annuncio della pubblicazione del suo terzo album solista, registrato stavolta insieme a quel nume della sei corde che è Tommy Emmanuel, mai avrei immaginato di rimanere letteralmente “steso” dalla varietà di generi e dalla classe e disinvoltura con cui la tecnica ed il feeling innato dei due axe-men sono state usate per creare un album che emozione ed entusiasma, senza perdersi in mille rigagnoli di assoli e spericolate e ardimentose “fughe” sulle autostrade a sei corde. Decisamente a loro non interessa dimostrare chi è il “chitarrista più veloce del west” ma far sì che, parafrasando il titolo dell’album, l’unica direzione in cui vada la musica sia quella che porta al cuore.
Nei due album precedenti, del resto molto diversi uno dall’altro per loro natura (“Più in alto che c’è!?” del 1985 aveva l’urgenza di esprimere quelle cose che sembravano non riuscire a trovare posto negli album dei Pooh e “D’Assolo” del 2003 paga pegno all’amore per certo chitarrismo acustico nato proprio grazie all’incontro di qualche anno prima fra Dodi e Tommy ) venivano mostrati due diversi aspetti di questo grande chitarrista italiano mai abbastanza apprezzato nel nostro paese. In “Dov’è andata la musica” Dodi esprime, finalmente senza vincoli, quel viscerale legame che da sempre lo lega alla chitarra più di quanto abbia mai fatto in tutta la sua carriera, forse influenzato anche dall’aver trovato in Tommy Emmanuel una persona che condivide quello stesso legame quasi simbiotico con la chitarra. Si narra infatti che sia molto difficile trovarli senza una chitarra in mano, cosa che un altro grande della musica italiana, Fabrizio De Andrè, aveva espresso efficacemente nella famosa frase “Pensavo è bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra”.
Del resto anche nei Pooh, quand’anche in modo più limitato ed essenziale negli ultimi anni, non è mai stato lesinato spazio al suo strumento (anche se ne vorremmo sempre di più), anzi senza ombra di dubbio la sua chitarra è da considerare da sempre la voce in più del gruppo, proprio per la sua peculiarità che ha contribuito a creare il sound dei Pooh, insieme ad altri elementi imprescindibili come la particolare timbrica vocale sua e del tastierista Roby Facchinetti, con cui da decenni costituisce l’ossatura degli impasti vocali del canzoniere del gruppo.
La storia di Dodi nell’ambito del gruppo tra l’altro è ben nota, tanto che lui ha finito per ironizzarci sopra durante gli stage tour, sogghignando di essere "il miglior chitarrista dei Pooh". Per il musicista bolognese il gruppo non è mai stato delimitante ma l’espressione di una scelta, quella di continuare un percorso e di credere in un sogno condiviso e fatto di musica e amicizia, nato quando si unì entusiasta ai Pooh su invito del fondatore del gruppo, nonché concittadino e poi amico fraterno, Valerio Negrini che lo aveva notato poco più che sedicenne calcare le scene underground bolognesi con alcune cover band dell’epoca.
Ma di Dodi, qui su www.ipooh.it, parliamo e parleremo sempre, mentre l’occasione dovuta e da cogliere è quella di poter spendere qui anche poche righe sul grandissimo musicista che ha firmato con lui la realizzazione di questo album a quattro mani: Tommy Emmanuel. Nell'articolo a lui dedicato di prossima pubblicazione, coloro che ancora non lo conoscono troveranno alcune informazioni sulla sua decennale e prolifica carriera.
Tommy e Dodi si sono conosciuti all’edizione del 1999 del Soave Guitar Festival , rassegna che si tiene da più di vent’anni nel paesino in provincia di Verona. Da lì è nata un’amicizia rafforzatasi sempre più con il tempo, partendo dal tour che Emmanuel fece come opening act per il “Cento di Queste Vite Tour” dei Pooh nel 2001. Il ripromettersi da anni di realizzare un lavoro insieme si è concretizzato ora nel 2015, dato il biennio sabbatico che il gruppo si è concesso prima dell’atteso cinquantennale.
Come tutti sanno l’album è stato registrato tra i Blackbird Studios di Nashville, Tennessee ed i Mulino Recording Studios di Acquapendente (VT) di proprietà del bassista Cesare Chiodo e del fonico Francesco Liuzzi, i quali hanno anche collaborato all’album. Spiazzando tutti quelli che si aspettavano un lavoro tecnico e chitarristico, come già detto prima, i due chitarristi “agli antipodi” (come indicato anche dal simpatico logo incastonato nell’ampersand in copertina) hanno dato alle stampe un album fatto davvero col cuore, non diretto prettamente alla critica specialistica del mondo delle sei corde ma teso a condividere i rispettivi mondi ed emozioni dei due artisti. Dodi ha saputo superare lo spaesamento derivante dal non avere più al suo fianco il suo amico e paroliere di fiducia Valerio Negrini, a cui l’album è dedicato, cimentandosi ai testi con degli ottimi risultati a parere di chi scrive. Tommy ha manifestato il suo pudore nel cantare in italiano, ritenendo di non avere una buona padronanza della lingua, ma c’è comunque l’intenzione di tradurre in inglese alcune canzoni per una pubblicazione americana del disco, oltre che quella manifestata in un’intervista di cantare, durante il tour che i due chitarristi terranno a luglio in Italia, anche brani dei Pooh che lui predilige particolarmente, come ad esempio "Amici x sempre".
L’approccio dei due chitarristi alla musica ed alla chitarra è simile per trascorsi, pur con i dovuti distinguo in ambito personale e di vissuto, tanto che la loro amicizia e collaborazione passa anche attraverso un mutuo scambio sia empatico che artistico. Riguardo a Tommy, Dodi ha dichiarato in un’intervista, “Mi sta facendo capire il mio mestiere in modo più profondo” mentre dal suo canto Tommy, con l’umiltà e la modestia che contraddistingue i grandi talenti, ha dichiarato “La chitarra è la mia voce, senza lei non sarei qui” (1). Dichiarazione che fa un po’ da eco ad una analoga fatta dal nostro Dodi Battaglia, il quale durante uno stage ebbe a dire “In fondo a noi chitarristi non interessa tanto cantare, noi abbiamo già la chitarra”. È stato quindi uno scambiarsi di proposte che rimbalzavano da un lato all’altro del mondo, fra due chitarristi separati dall’oceano Atlantico (Emmanuel si è stabilito da anni proprio a Nashville, originariamente patria della musica country & western negli Stati Uniti ma oggi vero e proprio centro nodale dell’industria musicale statunitense). Ecco perché in “Dov’è andata la musica” si avvicendano brani originali, firmati dal solo Battaglia o con altri collaboratori, ed altri firmati da Emmanuel o da lui proposti nello spirito che si voleva dare al lavoro, come nel caso del brano di Rick Price divenuto poi “Io non so amare a metà”, vestito di un testo firmato appunto da Dodi e da cui originariamente è partita l’idea di realizzare questo lavoro (2).
Arrivando allo specifico sul disco affacciatosi ufficialmente dalle vetrine (reali e virtuali) il 07 aprile 2015, proverò a cimentarmi in una disamina dei singoli brani che lo compongono e che prende le mosse dal parere strettamente personale e per niente autorevole del sottoscritto. Per le critiche blasonate, lascio il pulpito ad altri.
MEDITERRANEAN GIRL
Apre l’album uno strumentale in cui si uniscono influenze provenienti dalla musica latina e dalla fusion e può dare l’idea del connubio di mondi chitarristici che sentiremo in tutto l’album. Dodi paga nel suo inimitabile modo un tributo ad uno dei suoi guitar-hero di sempre, Al Di Meola, e ad un lavoro rimasto negli annali della chitarra moderna, ovvero lo storico live firmato dal chitarrista italo-americano (la famiglia di Di Meola proviene da un paesino della provincia di Benevento, zona in cui del resto anche Battaglia trascorreva dei periodi da ragazzino presso dei parenti) con altri due monumenti della sei corde, l’inglese John McLaughlin e l’indimenticabile Paco De Lucia, re del flamenco che riecheggia anche in questo brano. I legati di Dodi alla chitarra elettrica si alternano al tocco finger style di Tommy, quasi come se vecchio e nuovo scavalcassero il Mediterraneo per fondersi insieme come brezze marine. È un brano in cui si sente quanto i musicisti coinvolti si siano divertiti e quale sia la statura dei due titolari, che srotolano centinaia di note su una base ritmica formidabile del grandissimo Lele Melotti, batterista che ha lavorato a tutto l’album insieme al bassista Cesare Chiodo che ci delizia anche con un breve assolo. Posso solo immaginare cosa diventerà questo brano dal vivo durante il prossimo tour estivo dei due.
GRAZIE
Pubblicata poco meno di un mese prima dell’uscita dell’album come primo singolo, è l’occasione che Dodi ha colto per ringraziare quanto la vita gli ha dato. Non stupisca quindi che il testo sia stato scritto proprio da lui, insieme a Giovanni Gotti che aveva già collaborato in altre occasioni con il chitarrista bolognese firmando i testi di alcune canzoni per altri artisti, fra cui Riccardo Fogli e Daniele Battaglia. Non è la prima volta che Dodi si affaccia nel ruolo di autore dei testi, infatti nel suo primo album solista del 1985 aveva già scritto “Ciao amore... buon appetito”. Il pulsante tappeto ritmico della canzone ben fa da sfondo ad un brano efficace, pur mantenendo significati di carattere personale per il tema trattato (grazie al coraggio di dire di si quando volevo sparire) e attraverso cui vengono ringraziati anche i fans (ringrazio chi non so bene chi sia ma che sa tutto della vita mia) che da anni seguono Battaglia, sia come appartenente dei Pooh che come musicista.
STREGHETTA
Un torrido rock venato di sonorità black, con tanto di organo e tastiere varie del bravissimo Danilo Ballo, chitarre roventi in gran spolvero e l’inaspettata efficacia del testo, ancora frutto del connubio fra Dodi e Giovanni Gotti. Si suggeriscono immagini che ben calzano nel video immaginario che scorre nella mente dell’ascoltatore e di sicuro vengono messi a frutto anni di frequentazione fra Dodi e l’indimenticabile Valerio Negrini. Immagini a tinte forti in alcuni casi che ben descrivono la protagonista (non c’è niente che non va, perde sangue la città dietro te), caratterizzando con poche parole una figura femminile che sembra scappata da un film (quando balli sull’asfalto fai a pezzi la realtà) e che niente ha da invidiare alle donne cantate nelle canzoni dei Pooh. Qui diventa più arduo riconoscere il tocco di Emmanuel , considerando che molti sembrano ignorare che il musicista australiano non è solo un chitarrista acustico ma anche un eccezionale chitarrista elettrico e non è comunque difficile per l’ascoltatore attento coglierne il tocco peculiare.
IO NON SO AMARE A META'
Si può ancora parlare d’amore ed è possibile farlo con nuove parole e melodie, magari dando una visione diversa di una relazione fra due persone? La risposta che parzialmente ci dà questo brano (ma concorrono a soddisfare l’istanza anche altre canzoni di questo disco) è chiaramente sì. Mi ha stupito il realismo di questo quasi monologo di un uomo che, presa coscienza della realtà suo rapporto con una donna già impegnata, trova un tintinnante sorriso di lei come risposta ad ogni suo dubbio (vorrei parlarti di un uomo ferito ma tu ridi, ridi…). È ancora l’efficienza delle strofe a fare da giusto corollario all’arrangiamento funzionale del brano, una ballata a cui anche la batteria conferisce un sound AOR in linea con il respiro internazionale di questo album, senza i funambolismi che pur ci si aspetterebbe di trovare in un lavoro di due musicisti di tale spessore come Battaglia ed Emmanuel. Ulteriore dimostrazione che la storia da raccontare è più importante di qualsiasi protagonismo. È il brano da cui idealmente è nato tutto il progetto “Dov’è andata la musica”: Emmanuel propose questa canzone del suo amico Rick Price perché trovava la melodia davvero intensa e Dodi con l’aiuto di Pierpaolo Adda ha raccontato tramite i testi una storia quanto mai vera.
THE JOURNEY
“Il viaggio” è un brano che Tommy Emmanuel ha composto con David Hirshfelder, tastierista australiano con cui ha militato nei Dragon e nella backing band di John Farnham negli anni ‘80 ed oggi apprezzato compositore di colonne sonore. Apparso come title-track dell’album omonimo del chitarrista australiano pubblicato nel 1993, in questa versione riarrangiata ed incisa con Dodi si trasforma in un brano country-prog (se mi lasciate il termine), dove l’immaginario deserto attraverso cui questo viaggio iniziatico si svolge muta, spostandosi attraverso il pianeta grazie alle suggestioni tribali che richiamano le distese dell’out-back australiano, ai legati e vibrati provenienti dalle distese del sud degli USA ed a scale arabe che trasportano l’ascoltatore sul Sahara in questo volo immaginario. Di certo si può sentire che si sono divertiti come dei pazzi a suonarla, ed anche questa la voglio sentire dal vivo!
TU RESTI QUI
Un bel rock che veicola un testo importantissimo ed intenso dedicato ad uno dei crimini più diffusi e odiosi che attanagliano come un cancro la nostra società da sempre, cioè i maltrattamenti che le donne subiscono all’interno del tetto coniugale. Senza scendere in dettagli che non sarebbero funzionali alla storia narrata, il testo di Battaglia e Gotti calza a pennello su un rock firmato da Dodi e Danilo Ballo, co-arrangiatore dell’album, dove le chitarre esprimono pienamente la rabbia dell’uomo con cui la protagonista intrattiene un rapporto e che arriva a vietarle di tornare a casa, stanco di vedere su di lei i segni della violenza. Il tatto con cui viene trattato l’argomento è davvero da manuale così come pure la sintesi in puro stile “Negriniano”. Il ritornello che nella sua tessitura melodica riporta alle melodie dei Pooh degli anni ’70 mi ha fatto venire un tuffo al cuore, più della bella parte centrale degli assoli.
UNA NUOVA PAGINA
Il brano più intimista dell’album, firmato ancora da Dodi e Giovanni Gotti, in cui le chitarre acustiche ben sottolineano il testo che ho trovato particolarmente ricercato e che regala davvero delle immagini molto intense. All’alba di una storia le aspettative sono sempre alte, ma in questa canzone il protagonista si affida totalmente a quel che sarà pur senza idealizzare la sua compagna. Per la parte chitarristica chiaramente, feeling a profusione.
IL TRENO DELLA VITA
Nell’immaginario che ha accompagnato la vita di Dodi lui ha spesso citato la metafora del treno, quello che nella vita passa una volta sola e su cui devi essere pronto a saltare quando tocca a te. È un groove efficace quello sul cui è innestato il testo di Battaglia e Gotti e richiama il caratteristico ritmo che i treni fanno correndo sui binari. La connotazione ritmica come chitarrista di Dodi emerge efficacemente trovando l’altrettanta innata propensione ritmica di Emmanuel che anche in questo brano fa la sua parte egregiamente. Lo spirito di questo lavoro si esprime proprio in brani come questo, dove tutti gli sforzi dei due talentuosi chitarristi sono tesi a raccontare ed emozionare, di sicuro un modo che può sembrare nuovo in questi tempi di musica confezionata senza alcuna anima.
DOVE' ANDATA LA MUSICA
Arriva il momento della title-track, la canzone che intitola anche tutta la raccolta di canzoni viene solitamente scelta per svariati motivi. In questo caso Dodi ha vestito, sempre con il fido Gotti, un brano di Craig Dobbins che anche negli arrangiamenti è il più “americano” ed entusiasmante, con quella elettrica “duplicata” poggiata sul bell’arpeggio acustico. La musica in questo caso non è solo propriamente l’arte di per sé ma anche quel che viene a mancare a volte in un rapporto. Una ballata intensa e che lascia il segno con un bell’assolo di Emmanuel e Battaglia che fa venire i brividi, proprio come quella “musica che forse adesso più non c’è”.
LEWIS AND CLARK
Dedicato ai due leggendari esploratori Meriwether Lewis e William Clark, i primi ad attraversare a piedi gli Stati Uniti d’America in una spedizione durata dal 1804 al 1806, partendo da Pittsburgh per arrivare a Saint Louis, sulla costa pacifica. Il brano è tratto dall’album di Tommy Emmanuel “The Mystery” del 2006 ed i due si sono sempre evidentemente divertiti così tanto a suonarlo che era ormai diventato ormai d’obbligo riarrangiarlo per questo album a due. Per quanto il country sia un genere in cui Tommy Emmanuel si trova da sempre a suo agio, naturalmente non bisogna dimenticare che le peculiarità compositive ne hanno fatto sempre territorio di esplorazione fin dalla prima metà degli anni ’70, quando si trovava spesso a comporre brani che avevano una struttura così prepotentemente “americana” da costringere il buon Negrini ed anche D’Orazio (nel caso di “Peter Jr.”) a compiere delle evoluzioni incredibili per calzarvi dei testi che ne rispettassero le strutture.
TI LASCIO ANDARE VIA
Non nasconderò che questa è la mia canzone preferita dell’album. Erano anni che un testo non mi toccava così profondamente, per quanto un addio possa essere stato cantato tante altre volte in tutte le parti del mondo. Dodi Battaglia e Luca Sala firmano, con la collaborazione alle musiche di Filadelfio Castro, un brano di una bellezza intensa, per quanto semplice, che raccoglie in sé più di un motivo che ne fa una eccezione davvero unica. Innanzitutto la bellissima voce di Beatrice Ferrantino, diciassettenne emersa grazie ad un talent show presa sotto l’ala protettiva da Dodi Battaglia che ha saputo vederne le incredibili potenzialità espressive per quanto giovane: di sicuro concedere ad un giovane talento una ribalta nazionale sull’album di due chitarristi d’eccezione è una gran bella occasione. Altra novità, oltre alla ormai confermata bravura come autore di testi di Dodi, è il registro particolarmente basso con cui il chitarrista affronta vocalmente il brano, mai toccato in 50 anni di carriera e che ancora una volta testimonia quanto anche un artista così acclamato sappia mettersi in discussione per arrivare ad un prodotto che esprima quei sentimenti così omologati altrove.
VALE
“È dedicato a Valerio perché non ci sarà mai nessun altro come lui: mi manca la sua presenza, il suo spirito e, durante la lavorazione di questo disco, mi è mancato il suo apporto”. Il legame profondo di Dodi con il suo amico fraterno e fondatore dei Pooh scomparso il 03 gennaio 2013 è dato dal fatto che, da sue dichiarazioni, lui deve tutto a Valerio. Fu il batterista e paroliere dei Pooh che notò il giovanissimo Dodi e fu lui a volerlo nel gruppo all’indomani dell’abbandono di Mario Goretti e da questo a dare il via alla carriera dei Pooh e di Battaglia. Come ha avuto modo di dire in delle recenti interviste, l’unico che lo conosceva così bene da poter mettere su carta i suoi sentimenti era proprio Valerio e quando lui è mancato non ha avuto altra scelta che parlare lui stesso di sé. Il brano è nato pochi mesi dopo la scomparsa di Negrini ed è stato suonato nei tanti stage e concerti che Dodi ha tenuto negli ultimi due anni, prima di arrivare a questa versione in cui Tommy ha chiesto all’amico di dare il suo apporto al brano creando un intro ed un epilogo acustico che è quanto mai indovinato perché contribuisce a comunicare quel senso di pace in cui tutti noi vorremmo pensarlo ora, mentre si eleva chissà dove in attesa che il compleanno importante che l’anno prossimo attende i suoi compagni li trovi ancora “amici x sempre”.
In conclusione, credo si sia capito che l’album mi è piaciuto non poco e non solo perché sono un chitarrista ma perché vi ho trovato diverse sfaccettature che denotano una grande sensibilità di entrambi gli artisti, messa a disposizione di quella musica che, con gente così, sapremo sempre dove sarà andata e dove andrà.
L’annuncio di un DVD da registrare durante il tour estivo di Emmanuel e Battaglia è motivo di gioia e testimonia ancora una volta che Dodi va veloce, sempre e più di tanti altri. Come narra una leggenda metropolitana “Non importa a che velocità tu corra in autostrada; se qualcuno ti sfanala da dietro chiedendoti di fargli strada, quello è Dodi Battaglia!”.
Autore - Antonio Russo