Anno 1980
Agli inizi del 1980, al termine del tour invernale, mentre i Pooh lavorano alla composizione del nuovo album, si conclude l’affaire tenuto sotterraneo circa la realizzazione del loro disco inglese "Hurricane", prodotto ed arrangiato per il mercato estero da Teddy Randazzo: si tratta di un autore ed arrangiatore statunitense che al tempo vanta composizioni diventate degli standard della musica pop americana portati al successo da Frank Sinatra, Ella Fitzgerald, Linda Ronstadt ed altri, proposto dalla casa discografica ma lontano dalle sonorità rock che contraddistinguono il gruppo nelle loro esibizioni live e che loro avevano pian piano introdotto nei lavori in studio, a partire dal 1976.
«Teddy ci piaceva molto, perché era un grande autore e un ottimo arrangiatore. Aveva scritto per Frank Sinatra. Ma era già troppo vecchio in confronto alla direzione che aveva preso la nostra musica. Noi eravamo avanti, molto rock, lui riportava gli archi nelle nostre canzoni. Aveva uno stile da evergreen americano che non rispecchiava il nostro». Red Canzian
L’album, messo in cantiere a partire da gennaio del 1979, ha dei tempi di lavorazione acceleratissimi, per coniugare i rispettivi impegni del gruppo in tour per la promozione di "Viva" e del produttore, che ha selezionato nove brani tratti dai precedenti album "Poohlover", "Rotolando respirando" e "Boomerang" e ne ha riscritto quasi arbitrariamente i testi. Particolare meticolosità viene spesa nella cura della pronuncia inglese in fase di registrazione delle voci
«Facevamo orari impossibili. Cominciavamo alla mattina alle 9 e non smettevamo fino a mezzanotte e poi tutti a cena, a ridere e a far casino fino a chissà quando e il giorno dopo alle 9 ancora in sala». Teddy Randazzo
I Pooh e Teddy Randazzo (seduto al pianoforte) allo studio Idea Recording di Milano.
Terminato il lavoro in studio a Milano, Randazzo si trasferisce agli Hit Factory di New York per il missaggio, ritornando poi a Milano con il lavoro già concluso senza che il gruppo abbia potuto dire la propria in questa importante fase della lavorazione, messi quindi nelle condizioni di accettare diplomaticamente e di buon grado un’operazione così importante sfuggitagli totalmente di mano per volontà dei discografici.
«Aveva colorato i brani di sonorità che in Italia suonavano vecchissime. Lui tentava di rassicurarci. Era così affettuoso, protettivo, che decidemmo di non insistere e di provare a fidarci». Red Canzian
L’album “americano” dei Pooh funziona bene in Spagna, Germania e Giappone (dove viene pubblicata una versione con una bonus track scritta da Randazzo, "Love Attack", inedita in tutto il resto del mondo) ma non sui mercati statunitense ed inglese per cui era destinato. Crea però una grande curiosità in Italia dove, per scelta dei discografici, non viene distribuito se non frammentariamente in un canale d’importazione creato artificiosamente da alcuni intraprendenti commercianti italiani.
«I grossisti andavano in Svizzera a rifornirsi e poi lo immettevano sul mercato come disco d’importazione. A quel punto la CGD decise di mandarlo in tutti i negozi, e fu l’unica mossa giusta di tutta l’operazione». Red Canzian
«Con Hurricane fu ripetuto lo stesso errore commesso, anni prima, con Tanta voglia di lei. Eravamo andati in Sudamerica con un disco in spagnolo ma non avevamo previsto concerti né un serio lavoro promozionale. Con Randazzo avremmo dovuto fare una scelta di campo: abbandonare il mercato italiano e concentrarci su quello americano. Che poi voleva dire trasferirsi là, vivere la realtà americana per almeno sei mesi prima di iniziare a lavorare al disco e, soprattutto, scrivere brani appositamente per quel progetto, nati respirando l’aria del posto. Forse non era nemmeno il momento giusto per farlo, nel frattempo quasi tutti ci eravamo fatti una famiglia, avevamo messo al mondo dei figli, quindi non ci passò nemmeno per l’anticamera del cervello di abbandonare il nostro orticello e stabilirci per un periodo piuttosto lungo negli States. E da quelle parti se non suoni e non sei presente difficilmente ti prendono sul serio. Eravamo a un bivio, e quando si trattò di scegliere preferimmo il pubblico italiano, che ci dava molte più sicurezze». Dodi Battaglia
Mentre l’inverno viene contraddistinto discograficamente da tutta l’operazione “Hurricane” che si conclude per il mercato ufficiale italiano con la pubblicazione a marzo, i quattro sono in piena fase compositiva e realizzativa del loro dodicesimo album e ottavo con la stessa formazione, ormai ben rodata ed affiatata in otto anni di attività live e studio. Facchinetti, trasferitosi in Toscana dopo la fine del suo matrimonio, compone un pezzo lento e profondo su cui Negrini cuce il testo che porterà alla nascita di uno dei brani più suggestivi del gruppo, “Ali per guardare, occhi per volare”, con il ritorno dell’orchestra d’archi in un brano dei Pooh dopo anni di assenza. Battaglia dal suo canto scrive un brano al pianoforte, preso a noleggio e sistemato nel residence alla periferia di Bologna dove s’è trasferito all’indomani della separazione alla moglie, brano che diventerà “Canterò per te”, il primo singolo mai scritto dal chitarrista e che segna anche un nuovo passo avanti nella ricerca di un suono che sempre più contraddistinguerà la musica dei Pooh.
«È il momento successivo di Viva. Abbiamo voluto arrangiamenti ricercati ma non sofisticati, meno sinfonia e più semplicità. È un disco pieno, robusto, perché nato dal contatto con il pubblico». Stefano D'Orazio
La canzone, pubblicata come singolo a metà aprile, viene scelta come sigla d’apertura del concorso “Un disco per l’estate”, in diretta televisiva dal Casinò di Saint Vincent in giugno, con il videoclip realizzato sul lago di Iseo, dove affaccia Predore, con il gruppo che suona su una chiatta.
Il lavoro in studio vede la strumentazione del gruppo integrata del Prophet Five, udibile ad esempio in “Vienna” dove emula la fisarmonica e soppianta in parte le sonorità più presenti dell’Oberheim fino ad allora usato da Facchinetti. Battaglia usa un Mesa Boogie ed una Gibson SG, che affianca al suo già congruo parco chitarre.
«Era un po’ la cuginetta della Junior che usavo in Parsifal. Aveva un suono che mi mancava e che finii per inserire solo in Caro me stesso mio e Numero Uno». Dodi Battaglia
A Carimate sono al lavoro anche, in altri studi diverso da quello denominato “Studio Rosso” che usano i Pooh e che anni dopo sarà acquistato da Canzian, la Premiata Forneria Marconi e Antonello Venditti; l’atmosfera distesa e rilassante per i musicisti al lavoro rafforza rapporti che erano già presenti per le frequentazioni dello stesso ambiente lavorativo. È in questa occasione che avviene per la prima volta che ci sia un ospite in un brano dei Pooh, con Franz Di Cioccio (cantante e batterista della PFM) che suona il tamburello in “Caro me stesso mio”. Anche Antonello Venditti partecipa alle registrazioni di “Numero Uno”, di cui i Pooh gli chiedono di cantare l’introduzione, ma in fase di missaggio Sandro Colombini, produttore del cantautore romano, si oppone ritenendo che il testo, che ironizza sull’eccessiva versatilità di alcuni artisti, sia lesivo della figura di Venditti. Ciò non intacca comunque i rapporti molto stretti creatisi fra i Pooh e Venditti, che aveva legato particolarmente con Negrini. La mentalità un po’ “provinciale” della scena musicale italiana è ancora motivo di quell’asfittico e un po’ chiuso ambiente a compartimenti stagni che è stato sempre il grosso handicap della canzone italiana.
«C’era chi, dopo aver raccolto consensi recitando la parte del duro e puro, si votava tranquillamente al nazionalpopolare. Ci colpiva Alan Sorrenti che, in barba al suo passato impegnato, era ricomparso vestito di bianco a cantare Figli delle stelle. Erano tanti i colleghi che non avevano saputo resistere alla tentazione di cavalcare le mode». Stefano D'Orazio
Facchinetti recupera il mellotron per “Inca” e Canzian si costruisce un flatuo di Pan ispirato dalle suggestioni del viaggio in Perù fatto da Negrini, che influenzeranno anche il costume indio che il bassista si disegna per il tour estivo.
«Valerio ci aveva raccontato tutto, con molta passione: Pizarro, la colonizzazione spagnola, la tragica fine della civiltà Incas. Noi cantavamo tutto ciò con grande convinzione, sentendo la responsabilità di svelare gli orrori della storia alle migliaia di giovani che venivano a sentirci negli stadi». Red Canzian
«Di tutti i pezzi epico-leggendari Inca è forse quello che mi piace di più. Ironia della sorte, è stato anche l’ultimo. Avrei voluto raccontare la conquista dello spazio e la scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo. Ma sono idee rimaste nel cassetto. La musica dei Pooh si prestava sempre meno a incursioni nella storia». Valerio Negrini
Canzian compone una ballata dai sapori west coast, con il titolo di lavorazione “California” e che diventerà “Gatto di strada”.
«Portai in sala la registrazione che avevo effettuato nel mio studio di casa, a Bergamo. Sotto l’intreccio delle chitarre si percepiva come un fischio. Gli altri tendevano le orecchie, si chiedevano che effetto avessi usato. Li tenni sul filo fino all’ultimo: a fischiare era il mio merlo indiano Susanna. Appena accendevo il Revox cominciava a cantare». Red Canzian
“Aria di mezzanotte” è l’altra composizione del bassista, che contraddistingue anche quest’album con un suo caratteristico assolo di fretless in “Quasi città”. Conclusa a quattro mani con Facchinetti unendo un brano che a sua volta il tastierista aveva composto, entusiasma a tal punto D’Orazio che il mattino dopo ha già il testo pronto.
«Avevamo entrambi un brano da proporre ma nessuno dei due era totalmente convinto della qualità della propria composizione. Ce li suonavamo, per confrontarci e scambiarci un parere. E così scoprimmo che i due brani, nati a 400 chilometri di distanza l’uno dall’altro, si incontravano come tasselli di un puzzle; insieme formavano un pezzo perfetto, che sembrava nato così, da un’unica mano». Roby Facchinetti
Anche la proposta per il titolo dell’album, il quarto ad averne uno che non abbia la relativa title-track, viene dal vulcanico batterista, che comunque lascia perplesso il resto del gruppo. In realtà, dall’aspetto meramente discografico, l’unico vero “stop” che effettivamente avviene è relativo all’abitudine di escludere le facciate B dei singoli dagli album.
«Venivamo da anni di superlavoro; c’era, credo, l’esigenza di fermare il tempo per avere modo di guardarci dentro, di decidere in che direzione proseguire. Magari per togliere qualche orpello alla nostra musica, sfilarci le calzamaglie che indossavamo sul palco. La parola STOP non aveva alcun connotato negativo. Potevamo intitolare l’album "Cambiamo". Oppure "Punto e a capo". Il senso era quello. Solo che STOP suonava molto meglio». Stefano D'Orazio
«Pensavo a Viva: quel titolo indicava energia, vitalità, voglia di essere vincenti. STOP, al contrario,mi faceva pensare a un’improvvisa frenata. Magari alla fine della nostra avventura. Non mi sembrava un’immagine in linea con la grande energia che esprimevamo nella nostra musica». Dodi Battaglia
La nascita della copertina dell’album, realizzata da Mario Convertino proveniente dagli Hypgnosis Studios di Londra dove si era formato, presenta un enorme metronomo rosso fra degli edifici con i Pooh aggrappati ad una corda che cercano di trattenere il moto del tempo. All’interno lo stesso soggetto viene riproposto in ambientazioni che accennano più o meno velatamente ai testi delle canzoni. La fune è la scintilla che fa scaturire il noto scherzo ai danni di Johnny Porta, dirigente della CGD a cui è demandato il compito di dare il nullaosta alla veste grafica dei dischi
«Mi presento nel suo ufficio, accompagnato da Convertino, con in borsa le prove di stampa della nuova copertina. Al centro, c’è una bambina impiccata a un albero; a tenere tirata la fune sono i Pooh. Spiego: “Sai, dopo tanti anni sentiamo il bisogno di cambiare. Siamo diventati più aggressivi, puntiamo a un pubblico diverso. Ecco, la bambina rappresenta il pubblico di cui vogliamo liberarci. Lo impicchiamo”. C’eravamo anche fatti fotografare in pose assurde, con gli sguardi allampanati, il cappio di una forca, una maschera da scherma calata sul volto. Lo salutammo dicendogli: “Facci sapere che ne pensi. Ci vediamo domani”». Stefano D'Orazio
I Pooh e la copertina alternativa.
«Confesso che ero turbato. Certo non pensavo a una burla. Quella copertina, però, era indegna. Per quanto i Pooh fossero stimati e non avessero mai sbagliato un colpo, ero deciso a non cedere. Il giorno dopo, quando si ripresenta Stefano, lo metto subito in chiaro: stavolta, dico, avete fatto una cavolata. E allora lui non ha più retto alla commedia e scoppiando a ridere ha gettato la maschera». Johnny Porta
Il metronomo appare sul palco del tour, che conta 60 date in Italia ed una serie di concerti in Germania, Spagna, Giappone, Australia, Stati Uniti e Canada. La coreografia dello show stavolta viene preparata a Paese, in provincia di Treviso, nel teatro parrocchiale frequentato da Canzian quand’era bambino. Sul palco fa la sua bella figura un’”americana” a quadrato di 272 riflettori che però rende necessario dotare l’attrezzatura di scena di due gruppi elettrogeni autonomi, dato il pesante assorbimento di elettricità per l’epoca (350 kilowatt a concerto), che s’aggiunge al laser a quattro colori per una carovana che viaggia su tre TIR e due furgoni con ben 42 tecnici. Il tour è anche l’occasione del ritorno in scaletta della versione integrale di “Parsifal”, in cui Battaglia affianca Facchinetti alle tastiere per l’adagio, e l’esordio di Canzian alla kalimba, strumento a percussione africano, usato in “Risveglio”.
Del periodo è anche la collaborazione di Canzian con Lucio Dalla, che si trova in studio a Carimate per registrare quello che poi sarà l’album “Dalla”, il quale vuole il particolare suono del fretless del bassista in un brano.
«Si era innamorato del basso di Ci penserò domani. In realtà, il pezzo dove ho suonato poi non è entrato nell’album. Lucio però ha voluto restituirmi il favore collaborando, nel 1982, al primo album che ho prodotto per Delia Gualtiero». Red Canzian
I Pooh in concerto a Torino nel 1980.