1973 Tour Parsifal
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Scaletta del concerto
La set-list di ogni concerto veniva decisa in camerino, subito dopo l’arrivo e ad ogni concerto alcuni dei brani cambiavano.
«Si partiva con unìintroduzione, poi un brano tutto stacchi e tempi dispari che avevo importato dal repertorio della mia precedente band, Il Punto, per far capire che sapevamo suonare; a seguire, altri pezzi complessi ma nostri, per spostare l'attenzione sulle composizioni. E poi una hit riconoscibile, un cosiddetto 'pezzolone', che in quel tour fu Parsifal, e via a scalare nel repertorio. Qua e là testavamo anche inediti». Stefano D'Orazio
- Il concerto si apriva quasi sempre con "L’anno, il posto, l’ora".
- Medley che comprende "Tanta voglia di lei", "Noi due nel mondo e nell’anima" e "Cosa si può dire di te".
- Intermezzo strumentale a scopo coreografico.
- "Alessandra"
- "Infiniti noi"
- "Parsifal"
Rassegna stampa
28 ottobre 1973 - Bolero Teletutto - Numero 1382 - «I Pooh: hanno riscoperto Wagner a 33 giri», di Velia Veniero
[...] Red, il più giovane, si sta concedendo delle vacanze di... lavoro. È andato a Londra, Parigi, Amsterdam per vedere un po' le novità dei complessi stranieri, specie in fatto di luci e di effetti luminosi. Questo, in vista del nuovo spettacolo che i Pooh vogliono realizzare prima dell'inverno. Finite le vacanze, il 1° novembre, i Pooh torneranno a riunirsi e si recheranno in «ritiro collegiale» a Roncobilaccio, sull'Appennino tosco-emiliano, assieme a Giancarlo Lucariello, il loro giovane e dinamico produttore. E qui getteranno le basi dell'attività artistica per la nuova stagione.
13 giugno 1979 - Boy Music - N. 23 - Pagina 3 - "I Pooh - Lo sbarco in USA", di Mario Luzzatto Fegiz
[...] Oggi i Pooh possono vantarsi d'essere il primo complesso ad aver lanciato negli spettacoli dal vivo la tecnica dello show. Come è nata questa svolta artistica?
«È cominciata nel 1973, insieme a Parsifal, che ha rappresentato per noi l'abbandono del melodico italiano per cercare una linea di rock sinfonico. C'era bisogno di qualcosa che sottolineasse queste nuove sonorità e allora ci procurammo due lanciafiamme, di quelli militari a gasolio che producevano fiamme alte una decina di metri. Con questo rudimentale artificio rischiavamo ogni volta di finire arrosto, bucavamo i tetti dei teatri, però l'effetto sulla gente era sconvolgente. Cosicché ci improvvisammo artificieri e cominciammo, prima degli spettacoli, a predisporre polveri e materiale pirotecnico per il gran finale. E, sempre con la paura di finire allo spiedo, riuscivamo a ottenere dei finali sempre più esaltanti».