Dodi Battaglia e la musica a Bologna negli anni Sessanta - Lunedi' 18.04.2016
Nella storica cornice dell'Oratorio di San Filippo Neri a Bologna si è tenuto mercoledì 13 aprile il primo degli incontri della rassegna "Bologna città della musica", promossa da Fondazione del Monte. Tema dell'iniziativa è la musica pop, in particolare l'ambiente musicale bolognese degli anni '60 e '70, il periodo più florido in tale ambito per il capoluogo emiliano-romagnolo.
Protagonista della serata è stato Dodi Battaglia, eclettico chitarrista dei Pooh, suo interlocutore invece Bruno Sconocchia, anche lui protagonista della scena musicale di Bologna in quanto manager di molti artisti e collaboratore dei Pooh dalla tournée di "Giorni infiniti" fino a "25 la nostra storia".
Sconocchia ha presentato Dodi, accennando ai premi ricevuti dall'artista, tra i quali figurano il titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana ed il premio quale miglior chitarrista europeo. Battaglia ha spiegato: «Ho avuto la possibilità di ricevere questo ambito riconoscimento dalla rivista tedesca Stern: nel 1986 il giornalista disse che secondo lui io sono il miglior chitarrista europeo. Gli sono molto grato, è stata una cosa bellissima per me. La cosa divertente e che rispeccia un po' la nostra maniera di essere italiani, è che l'anno dopo il più autorevole giornale di chitarrismo italiano mi ha riconosciuto quale miglior chitarrista della nostra nazione [...]. Io invece sono solito dire che sono il più grande chitarrista dei Pooh».
Una nuova generazione ha anche nuovi bisogni, che il mercato è pronto a soddisfare. Tra essi vi è la musica.
Dopo aver ricordato che i Pooh nel 2016 festeggiano i cinquant'anni di carriera e si sono costituiti a Bologna nel 1966, Sconocchia ha proiettato un filmato dedicato agli anni '60, dove il brano "My generation" dei The Who ha fatto da sottofondo alle immagini che mostrano i giovani di quell'epoca. «Ho scelto questo brano» ha spiegato, «perché è un titolo simbolico, "My generation". Una frase, un verso di questa canzone fece scandalo, fu profondamente provocatoria: "I hope I die before I get old", "spero di morire prima di diventar vecchio"». Il manager ha proseguito raccontando come gli anni '60 videro nascere una nuova generazione, quella dei teen eager, un vero e proprio nuovo soggetto sociale. Nacquero nuove tematiche, un nuovo coinvolgimento politico, l'apertura verso la sessualità, il femminismo. Ma anche nuove mode, come lo stivaletto col tacco, la minigonna di Mary Quant, gli scooter. Nel 1960 la volontà di cambiamento venne impersonificata negli Stati Uniti da John Fitzgerald Kennedy, il più giovane presidente eletto negli U.S.A.
Una nuova generazione ha anche nuovi bisogni, che il mercato è pronto a soddisfare. Tra essi vi è la musica: «La musica diventa veramente un linguaggio universale» ha spiegato Sconocchia, «forse il primo caso di globalizzazione. I Beatles ed i Rolling Stones diventano idoli per le nuove generazioni di tutto il mondo. Questi nuovi giovani si distinguono dalla generazione precedente forse fondamentalmente per due cose: una, è la prima volta che hanno un po' di disponibilità economica, sono gli anni del boom economico, dei frigoriferi, della lavatrice, dell'automobile, delle televisioni, per la prima volta hanno qualche soldino in tasca. Seconda cosa, per la prima volta hanno un po' di tempo libero: anche a causa della scolarizzazione di massa, si posticipa l'entrata nel mondo del lavoro e questi giovani hanno del tempo. Il tempo e il denaro fondamentalmente lo investono nella musica e questo è vero un po' in tutto il mondo».
"Credo che la musica e la canzone, la semplice canzonetta come molti critici l'hanno voluta definire, abbia comunicato concetti importanti molto più dei libri di filosofia, più degli insegnamenti dei genitori, perché la musica ti arrivava coi grandi volumi e ti emozionava". Dodi Battaglia
Dodi Battaglia ha così spiegato il potere intrinseco della musica: «Credo che la musica abbia una grande caratteristica, quella di comunicare delle sensazioni [...]. Al di là del fatto che noi a quel tempo si capisse o meno quello che i gruppi proponevano magari in un inglese che non conoscevamo ancora, arrivava, trasudava queste note di libertà, di voglia di cambiamento, voglia di non essere assogettati a dei concetti che altre persone avevano codificato per i giovani di allora. Tutto questo si sintetizzava in una canzone: la chitarra non era più pizzicata, era suonata con forza. La voce non era più impostata ma sgarbata, perché voleva dimostrarti che c'era un'altra possibilità di applicazione [...]. C'era anche la possibilità, facendo magari qualche cambiale, di comprarsi qualche chitarra elettrica, qualche amplificatore, i quali ti offrivano la possibilità diessere partecipe ed esponente di questo mood che cambiava: tu su quel palcoscenico eri il rappresentante di tutto questo fermento, avevi i capelli lunghi e te li potevi permettere perché suonavi, dall'alto del palcoscenico quando dicevi qualcosa gli altri ti stavano a sentire semplicemente perché eri lassù». Dodi ha poi concluso: «Credo che la musica e la canzone, la semplice canzonetta come molti critici l'hanno voluta definire, abbia comunicato concetti importanti molto più dei libri di filosofia, più degli insegnamenti dei genitori, perché la musica ti arrivava coi grandi volumi e ti emozionava. Ecco, la musica ha in sé l'emozione e [...] in cinque minuti ti esprimeva un concetto. Noi venivamo bombardati da questa musica, eravamo condizionati».
Il discorso di Battaglia si è poi spostato su Negrini: «Voglio fare un elogio a un altro bolognese DOC che purtroppo è scoparso tre anni fa: questo bolognese DOC si chiama Valerio Negrini. Lui è stato il primo, è stato il fondatore insieme a Mauro Bertoli, è stato il nostro paroliere, è stato la persona che ha scritto delle frasi che ormai fanno parte della nostra maniera di esistere, perché chi non ha pensato o cantato "Mi dispiace di svegliarti / forse un uomo non sarò" piuttosto che "Dio delle città / e dell'immensità / magari tu ci sei / e hai viaggiato più di noi"... Sono frasi che fanno parte di canzoni, ma sono di una profondità tale e tanta che noi ne siamo pervasi e condizionano la nostra maniera di esistere. Valerio scrisse "Pierre" nel 1976 e oggi, 40 anni dopo, stiamo ancora dicutendo la legge per la parità dei diritti e dei doveri tra uomini e donne: vedete quanto era avanti una persona come Valerio, per cui ecco perché la musica [...] è e sarà sempre un mezzo di comunicazione straordinario».
Il secondo audiovisivo proiettato da Bruno Sconocchia ha avuto come tema i Beatles ed i Rolling Stones, proponendo i brani "She loves you" e "Paint it black". «Credo che questi ragazzi abbiano veramente cambiato la nostra storia». Sconocchia ha spiegato come la naturale conseguenza fu, da parte dei ragazzi, l'acquisto dei dischi e degli strumenti, il rifugiarsi nelle cantine per ascoltare e poi cercare di riprodurre quella musica. Il passo successivo fu cercare di crearne di propria, un fenomeno che si diffuse in tutto il mondo e che a Bologna portò alla formazione di non meno di 100 gruppi. Tra essi ne emersero tre: i Judas, i Jaguars, i Meteors.
Guardando la locandina della "Jimi Hendrix Experience" tenuta nel palaspost di Bologna il 26 maggio 1968, Dodi ha raccontato: «Quella fu un'occasione per i gruppi emergenti bolognesi di aprire un concerto e di mettersi un po' in mostra. Io facevo parte dei Meteors, erano molto bravi [...]. Questo gruppo di grandi strumentisti che tra l'altro avevano accompagnato Morandi quando lui fece il primo film, vestiti di nero come Diabolik [...]. Io avevo 16 anni». Il chitarrista ha spiegato come la sua passione per la musica sia nata sia grazie all'ambiente familiare composto da musicisti, sia alla determinazione, all'età di cinque anni, di possedere una fisarmonica, desiderio assecondato dal padre che gli regalò il primo strumento: «Lui venne a casa a mezzogiorno con questa fisarmonica piccolina, tipo Bontempi, amatoriale. Me la lasciò a mezzogiorno, io cominciai a suonare; lui tornò a casa la sera ed io suonavo. Per me è naturale e nella stessa maniera io suono oggi perché ce l'ho per passione, come talento: non sono bravo per questo, l'ho ereditato, sono nato così. Ho suonato la fisarmonica fino a quando ho avuo 14 anni, ero diventato bravissimo. Suonavo la fisarmonica insieme a un pazzo, bolognese DOC, un grande che si chiama Fiorenzo Zanotti, Fio Zanotti: è direttore d'orchestra [...], è arrangiatore di Celentano, nostro, di Anna Oxa, di De Gregori».
Dodi ha poi spiegato come all'età di 14 anni avvenne la scoperta della chitarra elettrica in un negozio in
Via Rizzoli: «C'era un jukebox e stava suonando questa canzone fantastica di un gruppo che si chiama Shadows, famosi per le chitarre Fender. Sentii quel brano e, nella stessa maniera in cui avevo costretto mio padre a tornare a casa con la fisarmonica, dissi: "Io non toccherò mai più una fisarmonica!". Così ho fatto ed ho cominciato a suonare la chitarra [...]. Avendo un minimo di know-how in questi nove anni musicali, facevo passi da gigante. Sapevo cos'era la musica e nel giro di due anni facevo parte dei Meteors: loro avevano famiglia, loro erano musicisti di quelli veri, quelli che facevano della musica una professione, invece io ero il dilettante, il ragazzino che andava a scuola. Alla venuta a Bologna di Jimi Hendrix ebbi l'occasione di andare a suonare insieme a tanti gruppi. E la cosa più fantastica che riassume in due parole quello che era l'atteggiamento che [...] avevo nei confronti della musica, del palcoscenico, [...] fu di suonare un pezzo di Jimi Hendrix, "Foxey Lady". Voi direte: "Sei pazzo!". Tanto per cominciare, era il pezzo che sapevo meglio di tutti e poi c'era un target di persone che conoscevano il brano».
Dopo la proiezione di un filmato che mostrava sia i Jaguars romani che quelli di Bologna, Dodi ha raccontato: «I Pooh nascono dall'idea di Valerio Negrini, il quale è sempre stato un genio. Iniziò questa storia con un altro suo amico che si chiama Mauro Bertoli di Bologna, ai quali si unirono Gilberto Faggioli, Mario Goretti e un tastierista inglese. Cominciano a suonare, poi conoscono Roby Facchinetti e il tastierista inglese torna oltremanica: lì, inconsapevolmente, i Pooh non cambiano il tastierista, i Pooh assoldano uno dei più grandi autori di musica italiana. Perché Roby Facchinetti, oltre ad avere una voce fantastica, è un autore prodigioso. Dopo di che al Piper di Milano conoscono Riccardo Fogli, il bassista Faggioli decide di ritirarsi dal gruppo, viene Riccardo Fogli e anche lì botta di fortuna perché Riccardo, oltre ad avere una voce fantastica, era uno che saliva sul palcoscenico e le donne schierate tutte per terra [...]. Così sono nati i Pooh e hanno fatto il primo disco, che si chiamava "Per quelli come noi", molto bello, che conoscevo. Poi Mauro Bertoli decise di sposarsi, perché ai tempi c'erano delle scelte di vita molto importanti [...]. I Pooh rimasero in quattro: Roby, Riccardo, Valerio, Mario. Incisero "Piccola Katy" prima dell'estate, Mario decise di lasciare il gruppo e per onorare questa parola data nonostante "Piccola Katy" fosse diventata un grande successo, a settembre lasciò spazio a me [...]. Nel 1968 i Pooh vennero a sentirmi a suonare in un locale che c'è qui a Bologna, I Dipendenti Comunali vicino a Galleria Cavour e mi dissero prima dell'estate: "Tu sarai il prossimo chitarrista dei Pooh. A una condizione: tu non devi dire questa cosa a nessuno, neanche ai tuoi genitori"».
Battaglia ha poi accennato al periodo in cui i Pooh incontrarono qualche difficoltà: «Abbiamo vissuto poco di rendita con "Piccola Katy": pian pianino gli incassi andavano sempre scemando, le serate erano sempre meno [...]. Facemmo un'altra canzone, si chiamava "Mary Ann" ma non ebbe successo. Poi avemmo l'ennesima botta di fortuna: incontrammo Giancarlo Lucariello, un produttore interno della CBS Sugar e lui vide in noi la possibilità di diventare il più grande gruppo italiano».
Dodi Battaglia ha poi condiviso questa riflessione: «Credo che una delle più grandi fortune dei Pooh sia il fatto di abitare in quattro città diverse, quattro città la maggior parte delle quali sono, a parte Roma, sostanzialmente delle cittadine di provincia [...]. Il fatto di essere di quattro città diverse ci ha permesso di mischiarci alla vita normale di tutti i giorni [...]. Presi singolarmente non siamo il 25% dei Pooh, siamo il 10%; insieme invece formiamo una grande entità e questo credo sia stato uno dei motivi per cui siamo rimasti elementi con i piedi per terra». Dodi ha anche spiegato come sia stato un grande insegnamento raggiungere il successo con "Piccola Katy" e perderlo dopo poco, dopo essersi convinti di aver ottenuto il successo definitivo: «Abbiamo avuto la fortuna di fare successo, di perderlo, di riacquistarlo e di rimanerci aggrappati. E la più grande fortuna, al di là dei nostri caratteri, dei talenti, credo sia stato fra tutti il pubblico che ci ha seguito».
Sconocchia ha ricordato come la carriera di Dodi non sia legata unicamente al nome Pooh, ma abbia pubbllicato anche tre dischi come solista ("Più in alto che c'è!?", "D'Assolo", "Dov'è andata la musica"), senza contare le collaborazioni con molti artisti, tra i quali Gino Paoli, a Mia Martini, Vasco Rossi. Il chitarrista ha interpretato parte del brano che gli fece nascere la passione per la chitarra, "Atlantis" degli Shadows.
Dodi ha successivamente proposto al pubblico l'assolo di "Parsifal", portandolo ad esempio della sua ricerca mirata a trovare un modo nuovo e del tutto personale di suonare. Questo componimento risalente al 1973 e che lui eseguì all'età di 22 anni, costituì l'inizio di un personale percorso stilistico.
Nell'introdurre l'esecuzione della parte strumentale di "Dove comicia il sole", Battaglia ha raccontato: «E' un brano che abbiamo inciso quando Stefano D'Orazio ha deciso di abbandonare il gruppo [...]. Abbiamo deciso di fare un nuovo disco che si chiama "Dove comincia il sole": abbiamo voluto inserire al suo interno tanta energia, voglia di dimostrare che noi eravamo forti al di là del fatto che fossimo in tre o in quattro, perché il nostro sogno era più grande persino di una persona che abbandonava questo sogno stesso [...]. Questa parte strumentale è rappresentativa di questa energia, del momento magico che abbiamo vissuto».
Bruno Sconocchia ha spiegato come la Fender, nata nel dopoguerra, abbia nella Stratocaster la chitarra più venduta nella storia. Battaglia è stato chiamato a fare da testimonial con la Dodicaster, un modello costruito su sue precise specifiche e prodotta in un numero limitato di copie. Ma anche la Maton ha scelto il chitarrista bolognese, dedicandogli una sua chitarra, il modello Dodi Battaglia.
Dodi ha spiegato come il suo approccio alla chitarra acustica abbia subito l'influenza di Tommy Emmanuel, portandolo ad incidere l'album "D'Assolo", dal quale ha eseguito "Primavera a New York" e "Treno per il mare", inframezzate da "Tanta voglia di lei".
Sconocchia ha successiavamente letto dalla biografia di Dodi dal titolo "Lo sai che da vivo sei meglio che in Tv?" un passaggio dedicato a Valerio Negrini. Al termine il musicista ha spiegato: «L'assenza di Valerio è una cosa della quale io e i miei amici non riusciamo a farci una ragione, perché se siamo arrivati a cinquant'anni di carriera lo dobbiamo in gran parte a lui e lui doveva essere qua. Lui è qui. Credo che la morte sia soltanto una fase della vita, io credo che lui sia con noi, il suo spirito è con noi, anche perché è stato così presente nella mia vita come fratello al mio fianco... E' parte della nostra maniera di esprimerci, lui è parte di noi per cui lui è con noi. Voglio suonarvi un brano che ho scritto in occasione di una prima reunion che facemmo in suo onore a Bergamo [...]. Un giorno mi sono ritrovato a scrivere una melodia, una canzone [...]. Ve la voglio fare sentire dedicandola a quella grande anima che è stata, è e sarà sempre Valerio e il brano si chiama, dal momento che Valerio è uno di quelli che valgono, "Vale"».
La serata si è conclusa così, pensando a Valerio Negrini ed all'inestimabile contributo che ha dato alla musica italiana, ma sopratutto alla vita di tanti noi.
Autore - Michaela Sangiorgi