Ciao SDO! - Martedì 10.11.2020
Roma è una città bellissima e terribile. Bellissima perché ti
accoglie ricolma di tesori sparsi dappertutto con grande
profusione: ovunque tu posi lo sguardo trovi un oggetto
artistico, un edificio la cui architettura ti riempie gli occhi
di meraviglia, una testimonianza del passato. Terribile perché
in così poco spazio hai la storia ad accoglierti, una storia che
misuri in migliaia di anni e che inesorabile ti accompagna
mentre percorri le vie, occupando il medesimo spazio calpestato
da chissà quanti milioni di persone nel corso dei secoli. Decine
di secoli.
Chi nasce, chi vive a Roma ha solo due possibilità: una è
ignorare tale consapevolezza per non esserne sopraffatto. Oppure
farsene permeare, trasformarla in energia creatrice e realizzare
qualcosa di bello per il mondo.
Questo ha fatto Stefano D'Orazio: ha accolto quanto Roma aveva
da offrirgli e lo ha restituito donando bellezza attraverso la
sua passione per la musica, attraverso la sua caparbietà nel
continuare a picchiare su di un pneumatico prima, su di un
tamburo vero poi, per seguire un ideale che al tempo sembrava
una semplice pazzia, una via priva di una meta concreta.
Stefano, anzi SDO per noi fan, ha regalato bellezza anche
attraverso le parole, lui che aveva una parlantina così vivace
ed intelligente. Ha saputo piegare la sua ironia al servizio
della poesia, traendo fuori da quel cuore nascosto dietro una
testa ricolma di riccioli ribelli tutta una serie di canzoni che
hanno saputo conquistare ammirazione e ben più di una lacrima di
commozione. Le lacrime che ieri abbiamo condiviso in tanti, chi
riunito davanti alla Chiesa degli Artisti, chi sparso per il
mondo (sì, il pubblico dei Pooh non è limitato alla sola
Italia). Ciò non ha mitigato il senso di abbandono che ora tutti
proviamo, quella dolorosa fitta impressa nel profondo dell'anima
che si prova unicamente per chi si considera una persona cara,
presente nella propria vita in maniera importante.
Il corteo funebre, partito da Piazza del Campidoglio alle 14:40, ha
percorso Via dei Fori Imperiali, Piazza Venezia, Via del
Corso, Via del Tritone, Piazza di Spagna e Via del Babuino,
scortato dai motociclisti della Polizia. Al passaggio di
Stefano Roma si è fermata, quasi trattenendo il respiro tutta
quella bellezza ha assistito all'ultimo saluto di chi ha
saputo renderle onore con il proprio talento.
In Pazza del Popolo, ad applauidre Stefano quando è stato portato dentro
la Chiesa degli Artisti, tante persone. Tanti volti la cui
commozione non è rimasta celata dietro le mascherina, ma è
trasparita chiara e netta come un'onda di grande amore cui è
stato impossibile rimanere indifferenti.
Non mi dilungherò sull'omelia tenuta dal sacerdote che ha
tenuto la funzione, quella di credere o dubitare o non credere
è una condizione estremamente personale dell'anima. Ma più di
qualsiasi preghiera, più di qualsiasi discorso o parabola, a
mio giudizio, ha avuto valore ciò che da dentro la chiesa
sentivamo provenire dall'esterno: la voce dei fan, quel canto
che si levava spontaneo e giungeva fin dentro la navata,
superando il portone, oltrepassando le massicce pareti di
marmo, giungendo ai cuori di tutti noi, lacerandoli ancora un
poco di più. E quello è stato forse l'omaggio più bello,
perché proveniva da tutte quelle persone che negli anni hanno
seguito con affetto e passione i Pooh, hanno cantato con Roby,
Riccardo, Dodi, Stefano, Red. Ma ieri hanno cantato solo per
Stefano: non importa se alcune parole erano sbagliate, non
importa se non erano tutte canzoni scritte da SDO. Era la
musica dei Pooh e Stefano è un Pooh. Questo conta.
Roby Facchinetti è salito al pulpito esordendo con un «Ciao
Stefano...», condividendo con tutti noi la lettura della "Preghiera
degli artisti"...
O Signore della bellezza, Onnipotente Creatore di
ogni cosa,
Tu che hai plasmato le creature imprimendo in loro
l’impronta mirabile della tua gloria,
Tu che hai illuminato l’intimo di ogni uomo con la luce del
tuo volto,
volgi su noi lo sguardo e abbi pietà di noi, della nostra
debolezza, della nostra povertà,
volgi i tuoi occhi sul nostro lavoro, sulle nostre fatiche
di ogni giorno,
guardaci, siamo gli artisti, i tuoi artisti.
Siamo pittori, scultori, musicisti, attori, poeti,
danzatori,
siamo i tuoi piccoli che amano vivere sulle ali della poesia
per poterti stare più vicino,
e per aiutare i fratelli a guardare più in alto nel tuo
cielo e più in profondità, nel loro cuore.
Perdonaci se siamo fragili e incostanti, ma siano uomini,
donaci la tua forza, quella che scopriamo nella tua Parola,
quella che sentiamo nella tua grazia, quella che riceviamo
dalla tua Eucaristia,
da quel pane spezzato che è comunione, fraternità e gioia.
Ti preghiamo per noi, per tutti gli artisti, per il mondo
distratto,
fa’ che possiamo aiutare tutti gli uomini a scoprire
qualcosa di Te, attraverso la nostra arte.
La nostra vita sia un canto di lode alla tua bellezza
e le nostre opere i raggi luminosi che illuminano le strade
degli uomini.
Donaci il tuo perdono e la tua benevolenza,
donaci il tuo Spirito di sapienza e di bellezza,
ispiraci con il tuo amore e la tua grazia,
e donaci ali stupende affinché con l’arte ci innalziamo fino
a te.
Te lo chiediamo per Gesù Cristo, Signore e fratello nostro.
Amen
Roby ha poi ricordato il lavoro fatto insieme a
Stefano negli ultimi quattro anni, la creatività condivisa per
il progetto legato al musical dedicato a Parsifal. Il brano "Rinascerò,
rinascerai" a sostegno dell’ospedale Papa
Giovanni XXIII di Bergamo per l’acquisto di attrezzature
mediche. «Tu hai scritto un inno alla vita» ha affermato
Facchinetti, riferendosi al singolo, aggiungendo: «E la vita
venerdì sera ti ha lasciato solo».
È stato straziante ascoltare il saluto che Tiziana Giardoni ha
dato al marito: «Io vi voglio solo dire chi era Stefano per me:
era tutta la mia vita». Non serve riportare altro.
La figlia Silvia ha condiviso con tutti una lettera, scritta con
lo spirito e l'arguzia che ha saputo ereditare dal padre. «Sono
trentacinque anni che ti chiamo Ste. Hai sempre detto che il
padre non lo sapevi fare, che cercavi di improvvisare come
meglio ti riusciva, anno dopo anno [...]. Io spero di essere
riuscita ad assomigliarti un po', un pochino, almeno nelle cose
importanti, perché è questo che succede tra padri e figli: si
cresce insieme, improvvisando, alla fine ci si assomiglia [...].
Quella figlia che adesso è qui, accanto a te e ti deve dire
qualcosa di mai pronunciato: ciao papà».
Fuori le persone cantavano ed anch'io, dentro di me, ho ripetuto
le parole scritte da Stefano per le note messe in fila dai suoi
compagni.
Valerio, Roby, Riccardo, Dodi, Stefano, Red. Siamo abituati a
considerarli come componenti della nostra famiglia, una famiglia
allargata, perché quando una persona ti regala gioia attraverso
la musica e con essa sottolinea in modo importante i momenti più
belli della tua vita, o ti aiuta a superare quelli più tristi,
non puoi fare a meno di volergi bene. E di questi tempi, di
volersi bene, ce n'è davvero tanto bisogno.
Ciao SDO!
Autore - Michaela Sangiorgi