Pooh - Notizie e novità del 2016 - Aprile

Cosa vuol dire essere un Pooh - Lunedi' 18.04.2016

I Pooh alla redazione di La Stampa

Sono molti gli appuntamenti con la televisine e la stampa che in questo periodo stanno tenendo impegnati i Pooh. Uno di essi è stato quello della mattina di venerdì 15 aprile, in occasione del quale Riccardo Fogli, Red Canzian, Roby Facchinetti, Dodi Battaglia e Stefano D'Orazio sono stati ospiti della redazione di La Stampa di Torino, intervistati da Daniela Lanni.
Alla domanda se si sente ancora emozionato per la "convocazione", Fogli ha risposto: «Adesso no, mi sto abituando, ma nei primi passaggi televisivi ero "impanicato" nel cuore: non per la paura di cantare, perché il cantare è l'unica cosa che so fare. Però è molto vero... anche a desso, quando la mattina ci incontriamo li vedo, li tocco, li bacio... sono loro!». Poi, riferendosi a quando gli venne proposta la reunion: «Ho detto sì prima di tutto e che mi piaceva leggere il progetto, ma qualunque fosse ho detto sì prima che finisse la domanda. C'eravamo incontrati per ricordare Valerio che ci aveva lasciato un anno prima e già lì c'era il sapore... "Ci sentiamo, ci dobbiamo vedere perché abbiamo dei progetti"... e quindi già il mio cuore era pronto».

Daniela Lanni ha ricordato come i Pooh significhino anche grandi numeri, che Red Canzian ha circostanziato: «Tra raccolte, live e dischi inediti ne abbiamo pubblicato anche più di 50. Ma soprattutto la ritmicità con cui noi abbiamo lavorato, perché noi per gran parte della nostra carriera abbiamo fatto un disco all'anno, che è pazzesco se pensi alla creatività, alla registrazione e alla promozione». Poi, riferendosi ai più di 3.000 concerti tenuti: «Se li moltiplichi per una media anche soltanto di due ore, tra quelli che facciamo adesso che durano tre e quelli di una volta che duravano un'ora, due ore di media sono un'infinità, sono 6.000 ore sul palco, una vita».

Roby Facchinetti ha spiegato cosa significhi questa reunion per i Pooh: «L'abbiamo sempre desiderata, sognata ed era assolutamente un sogno. Ci siamo arrivati e coincide appunto con il nostro cinquantennale, per cui è un doppio sogno e vuol dire tanto: vuol dire la possibilità di chiudere questa straordinaria storia come noi ce la siamo immaginata, ritrovarci tutti quanti sul palco per questa ultima fotografia, per questo ultimo concerto ed è veramente qualcosa di grande, qualcosa di emozionante. Certo ci costa: ci costa moltissimo a livello fisico, mentale e poi ci costa questa decisione di chiudere la nostra storia proprio ora. Ora perché questo momento è irripetibile, non ci sarà mai più credo in futuro un momento come questo e allora pensiamo di chiudere questo straordinario percorso nostro, così e soprattutto con le luci accese».

Dodi Battaglia ha parlato dei concerti in programma, ai quali si sono aggiunte le date del 13 settembre a Bergamo e del 26 novembre a Torino (biglietti disponibili su www.ticketone.it): «Unitamente a questi concerti faremo anche una capatina all'estero perché anche gli italiani e tutto il pubblico dei Pooh che ci ha conosciuto in giro per il mondo, in Giappone, Australia, Canada, Stati Uniti, vogliono vederci prima dell'abbandono alle scene».

I Pooh hanno poi dato a turno una propria definizione su cosa significhi essere tale. Il primo è stato Stefano D'Orazio: «Ci ha dato tutta la nostra vita [...]. Mi ha cambiato la vita che ero un ragazzino e da quel momento in poi sono stato un Pooh e addirittura pare un titolo nobiliare, Stefano dei Pooh, anche se uno scende dal palcoscenico rimane così. E devo dire che ha tolto altrettanto perché al di là di tutto quello che ci ha regalato, il successo, gli entusiasmi, le soddisfazioni, poi alla fine parecchia della nostra vita privata se ne è andata. Ma non c'è mai un rammarico perché non sai mai cosa hai lasciato in cambio di cosa. Io mi sento sempre dire "Avrei voluto essere al tuo posto" sempre. Quando sono andato via nel 2009 ho fatto questa scelta di andare a vedere cos'altro c'era oltre i Pooh, mi dicevano "Ho invidiato tutta la vita quello che tu fai e quello che hai fatto" e magari me lo diceva uno che faceva, che ne so, l'idraulico. Sì, però ti viene in mente di pensare a quanta della nostra vita privata, delle piccole soddisfazioni, piccolo quotidinao dell'essere sconsociuto, che è una cosa che per esempio avverto molto come sensazione, a me piacerebbe moltissimo essere sconosciuto, ma non si può avere tutti e due».

Dodi Battaglia: «Essere uno dei Pooh intanto vuol dire fare di una passione un mestiere, per cui è una grande fortuna aver avuto tale e tanta carriera [...]. Noi sognavamo di fare i musicisti da ragazzini e poi lo siamo diventati: vuol dire realizzare un sogno personale, ma anche realizzare un sogno collettivo, che è ancora più grande. Se riesci a condividere questo grande obiettivo non soltanto da solo ma con altre persone e riesci poi a portarlo a termine in cinquant'anni credo, che sia una delle più grandi soddisfazioni che possano capitare. Poi vuol dire anche imparare a vivere, imparare a rapportarsi, a rispettare gli altri, perché abbiamo conosciuto tali e tante persone, collaboratori, pubblico, fan, per cui abbiamo conosciuto la nostra e la vita di tante persone che spesso sono diventati anche i testi delle nostre canzoni. E' stato un po' sostanzialmente una scuola di vita».

Roby Facchinetti: «E' una grandissima esperienza musicale [...]. Ma anche una grande esperienza umana, anche questo credo che abbia un valore enorme. Parlavamo l'altro giorno ad una nostra riunione e ho detto "Ma noi siamo stati non bravi, bravissimi a portare questa nave straordinaria in porto". Credo che neanche noi abbiamo questa consapevolezza profonda di questo grande dono che la vita ci ha regalato. Abbiamo grandissima gratitudine per aver fatto nella vita qualcosa che abbiamo sempre sognato e grazie ai Pooh, un'entità che è al di sopra di noi, che ha vigilato sempre al di sopra di noi. Dobbiamo essere tutti estremamente grati perché io credo che nessuno di noi, se non ci fossero stati i Pooh, qualsiasi mestiere o lavoro avessimo scelto di fare, non lo avremmo fatto con questo successo, con questi grandissimi risultati [...]».

Red Canzian: «Io sono entrato nei Pooh che ero veramente poco più che un ragazzino, venendo tra l'altro da una musica completamente diversa dalla loro e mai avrei pensato che nella mia vita poteva succedere questo. Stare con i Pooh è stato un po' una scuola di vita, è un po' anche un servizio militare, che io non ho fatto tra l'altro, perché ci sono delle regole precise da seguire, da curare, da rispettare quando si lavora in compagnia e quindi si imparano. Come diceva Roby e anche Dodi, con la convivenza si impara il rispetto, si impara a chiedersi scusa dopo un attimo che hai fatto un errore ed è stata la nostra fortuna, perché le nostre litigate sono durate veramente lo spazio di un pomeriggio. [...] adesso che ci fermiamo andremo a rivedere con calma quello che abbiamo combinato perché non ce ne siamo mai resi conto, per noi una volta scalata una montagna ce n'era già un'altra da scalare, non ci siamo mai detti "Siamo in cima!", no, ce n'era un'altra da fare».

Riccardo Fogli: «Ho un po' di confusione in testa, perché prima ero Riccardo Fogli ex Pooh, poi ora sono Riccardo dei Pooh, senza cognome. Quindi ora all'anagrafe devo rivedere certe cose. Poi quando finirà la reunion [...] tornerò Riccardo Fogli ex Pooh no, perché lascio i Pooh come Pooh e finiscono i Pooh... Io non lo so, io ho capito che avrò una crisi».

 

Autore - Michaela Sangiorgi