Roby Facchinetti a IMAGinACTIOn - Giovedì 29.04.2021
Lo scorso 10 aprile si è tenuto al Palazzo Facchi di Brescia il secondo appuntamento della rassegna "IMAGinACTIOn, il festival internazionale del videoclip
giunto alla sua quinta edizione. Tra gli ospiti Roby Facchinetti, il quale è stato introdotto dal giornalista Paolo Giordano con queste parole: «Qua stasera parliamo
di una parte della storia dei Pooh, quella magari meno nota ma altrettanto interessante, una storia da romanzo. Quella dell'inizio, dei primi quattro, cinque anni,
quando i Pooh erano nessuno e poi si sono in pochissimo tempo rivelati le stelle, la band italiana per eccellenza».
Roby Facchinetti, dopo aver spiegato di essere entrato nei Pooh come tastierista tra marzo ed aprile del 1966, ha aggiunto: «Mi fa veramente piacere parlare di
questi primi anni, perché [...] ritengo che siano stati per me i più formativi. Si sognava di fare questo mestiere e non si sapeva poi che cosa potesse accadere. Si
sognava certamente di fare successo, ma era un sogno, era realmente un sogno. È vero che lì nascevano delle possibilità infinite perché in quegli anni sono state
veramente consegnate le famose "matrici" della nuova musica pop [...]. In quel periodo nascevano veramente migliaia di band: dovevi in qualche modo cercare di farti
conoscere e non era assolutamente facile».
Facchinetti ha poi spiegato il ruolo fondamentale di Valerio Negrini nella nascita dei Pooh: «Nel 1964 andò a bussare alla porta di Mauro Bertoli: suonava la
chitarra, l'aveva conosciuto tempo prima. Bussò alla porta e disse: «Vuoi fare un duo?». Un duo improbabile, con solo la chitarra e la batteria. E così fu [...].
A loro si sono aggiunti chiaramente altri elementi, sono nati i Jaguars. Alla fine del 1965, a cavallo dell'inizio del '66, firmarono il primo contratto discografico
con la Vedette ed ebbero da subito il problema di cambiare il nome».
Dopo aver spiegato che esisteva una omonima band romana che tra l'altro aveva già inciso un singolo, Roby ha proseguito a raccontare: «Lì fu veramente un problema
enorme, perché il nome è comunque una cosa importante. Alla fine scelsero Pooh e credo che quella sia stata una scelta vincente e straordinaria, anche perché quel logo
non è mai invecchiato».
I giovani capirono che attraverso la musica potevano comunicare, arrivare a tutti ed essere ascoltati. Roby Facchinetti
Dopo la proiezione di un video con immagini risalenti agli anni Sessanta ed in sottofondo il brano "Per quelli come noi"-
Facchinetti ha proseguito con il racconto relativo al periodo: «Bisogna capire meglio che cosa provocò la musica in quel periodo [...]. I giovani per la prima volta
hanno capito che attraverso la musica, attraverso questo linguaggio straordinario che unisce veramente tutti [...] si sono sentiti un tutt'uno e contro il "sistema",
si sono ribellati e la musica è stata il traghetto per arrivare a ottenere questo [...]. In quegli anni i giovani mediamente dicevano sempre e facevano sempre tutto
ciò che gli adulti, i famosi "matusa", dicevano loro di fare. Questo era diventato quasi insostenibile, soprattutto se si parla di un ragazzo di vent'anni [...]. I
giovani capirono che attraverso la musica potevano comunicare, arrivare a tutti ed essere ascoltati. Questo è stato il vero fenomeno: realmente la musica ha cambiato
il mondo, ha cambiato i modi, le mode [...]».
Paolo Giordano ha osservato: «Ed è qualcosa che oggi se ne sente un po' la mancanza, perché oggi la stessa volontà, la stessa forza, la stessa passione enorme che la
musica riusciva a veicolare allora adesso è diversa, non c'è più, si è incontestabilmente inaridito questo elemento».
Roby ha convenuto con il giornalista: «È accaduto per una coincidenza storica di tanti fattori, ma è accaduto qualcosa di realmente irripetibile [...]. Forse è
successo qualcosa di simile quando arrivarono i computer, i quali hanno stravolto per altri versi la società [...]. Non c'era una famiglia in quegli anni nella quale
non ci fosse un figlio, o il papà, o un fratello che non suonasse uno strumento. Se tu passavi in qualsiasi via di qualsiasi città dopo le nove di sera, davanti a un
condominio, lì sotto nelle cantine c'erano due o tre band che suonavano e provavano. Questo era il clima che si respirava in quegli anni».
La cosa non facile è riuscire a trovare una propria identità, però è assolutamente richiesta per un artista. Roby Facchinetti
La proiezione di un video live dei Pooh risalente al 2009 ha permesso di ascoltare il brano "Quello che non sai",
nella versione pubblicata sull'album "Un minuto prima dell'alba" del 1998. Facchinetti, riferendosi alla versione del 1966 del pezzo, ha spiegato: «Questo era
il lato B di uno dei primi 45 giri dei Pooh. Questo è un brano che ho sempre amato».
Paolo Giordano ha osservato: «Nella seconda metà degli anni Sessanta era molto comune fare le cover soprattutto di brani stranieri importati e tradotti [...]. Una
delle chiavi di volta dei Pooh è stata quella di non fare musica importata ma di fare musica propria, di produrre propria musica, di essere originali in questo».
Roby ha così raccontato l'incontro con il gruppo bolognese: «Conobbi i Pooh in una balera, lo Sporting di Bologna. Ero lì con la band [...] di Pierfilippi. Alla fine
ci siamo trovati a suonare nello stesso locale: loro come attrazione, erano nati da pochissimi mesi e noi invece facevamo il gruppo base. Alla fine alle due di notte
mi chiamarono: "Sai, noi abbiamo l'esigenza di cambiare il nostro tastierista", mi dissero. Era Bob Gillot, un ragazzo inglese. "Tu vorresti venire a suonare
con noi?". Non li ho nemmeno lasciati finire di farmi questa domanda, ho detto "Sì!". Nella vita ci sono i famosi treni che passano una sola volta, è
difficilissimo: capii subito che era arrivato realmente il momento che aspettavo da tanto tempo. Dopo due, tre giorni che ero con loro, un pomeriggio Valerio mi
disse: "Ma sai, ti devo dire una cosa: a me piace scrivere i testi". E io: "A me piace scrivere la musica, infatti ho anche dei brani, se vuoi te li faccio
sentire". Di fatti così fu e questi brani che io avevo nel cassetto poi li abbiamo messi nel primo nostro album "Per
quelli come noi" [...]. Credo che anche questa sia stata la nostra caratteristica, perché avere degli autori interni ci ha dato la possibilità di avere da
subito un nostro modo di...».
Paolo Giordano ha osservato come i Pooh abbiano sempre avuto un sound ed una poetica dei testi immediatamente riconoscibili, una cosa che non sempre succede. «La cosa
non facile» ha convenuto Roby, «è riuscire a trovare una propria identità, però è assolutamente richiesta per un artista. Deve cercare almeno di essere riconosciuto o
riconoscibile in mezzo a tanti altri».
È seguita la proiezione dell'esecuzione live del 2006 del brano "Vieni fuori", anch'esso nella versione
riarrangiata dell'album "Un minuto prima dell'alba".
Roby Facchinetti e Paolo Giordano.
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Paolo Giordano ha poi posto una domanda curiosa: «Il concerto con meno persone che avete fatto all'inizio della carriera te lo ricordi?».
Roby ha raccontato: «Durante uno dei primi tour nei teatri. Fu credo il primo con Maurizio Salvadori: fu per noi un manager molto importante, capì che noi potevamo
avere un percorso diverso. A cavallo fra il 1973 ed il '74 ci fece fare il primo tour teatrale, doveva durare tipo tre mesi: rimanemmo in tour credo quasi un anno.
Lui pretendeva di fare anche i pomeriggi: sabato pomeriggio, domenica pomeriggio [...]. Si debuttata tutti i giorni e il sabato; alcuni giovedì si faceva anche il
pomeriggio e la sera [...]. Mi ricordo che parecchie volte capitò di suonare per otto, per nove, per quindici persone, perché alla fine si diceva: "Beh quelli hanno
pagato comunque un biglietto, per cui hanno tutto il diritto di ascoltarci"».
Fine prima parte, prosegue nella seconda...
Autore - Michaela Sangiorgi