Dodi battaglia e l'impegno di dare enfasi al grande passato dei Pooh - Prima parte - Mercoledi' 08.11.2017
Lo scorso 23 ottobre Dodi Battaglia è stato ospite in studio a Radio RTR 99, dove Fabio Martini lo ha intervistato in occasione dell'uscita del suo primo doppio album live "e la storia continua...". Ne è risultata una lunga chiacchierata, il cui resoconto è stato suddiviso in due parti: questa è la prima.
E' ora che noi italiano cominciamo a dare il peso alle grandi cose che abbiamo, che facciamo. Riappropriamoci della bellezza e dell'orgoglio delle nostre cose. Dodi
Martini ha dato il via all'incontro domandando a Dodi quale sia
stata la serie di eventi che lo ha portato a conseguire il
premio come miglior chitarrista europeo.
«E' una storia molto spontanea», ha spiegato il chitarrista.
«Nel 1986 abbiamo fatto un concerto in Germania per raccogliere
dei fondi per i terremotati dell'Irpinia. A quel concerto era
presente un giornalista di "Stern", che è un po' come "L'Espresso",
"Panorama" qui in Italia ed è accaduto che è andato a
casa, ha scritto un articolo. Loro facevano ogni mese il [...]
miglior strumentista, il miglior cantante ed è accaduto che gli
son piaciuto al punto che mi ha definito il miglor chitarrista
europeo di quel mese. Io lì per lì non ho saputo nulla, poi
tornando a Bologna la CGD mi fece avere questo attestato a casa
di miglior chitarrista europeo [...]. "Nemo propheta in
patria", perché la cosa divertente è stata che l'anno
dopo, per due anni consecutivi, io sono stato eletto quale
miglior chitarrista italiano [...]. Ma questo non accade
soltanto nella musica o per i chitarristi [...]. E' ora che noi
italiano cominciamo a dare il peso alle grandi cose che abbiamo,
che facciamo, alle Ferrari, ai musicisti, al grande cinema
italiano, alla nostra arte famosa in tutto il mondo. Per noi è
normale perché la vediamo tutti i giorni, per un americano
soltanto il fatto di stare a Roma è una cosa fantastica.
Riappropriamoci della bellezza e dell'orgoglio delle nostre
cose».
Riferendosi sempre alla capitale, Dodi ha aggiunto: «Ho vissuto
degli anni anche a Roma, all'inizio della nostra carriera,
quando spesso suonavamo in un locale qua all'Eur dove i Pooh
praticamente si sono formati: si chiamava il Vun Vun.
Eravamo così spesso qui a Roma che io conobbi la mia prima
moglie proprio a Roma [...], città che amo molto e nella quale
vengo molto volentieri [...]».
Il discorso si è poi spostato su come in certe città, pur
essendo famoso, un personaggio possa lo stesso condurre una vita
normale: «Io sono entrato a far parte dei Pooh nel 1968, avevo
17 anni [...] e le prime serate che si faceva quando andavamo
ancora in giro con il camion si tornava la sera, si
distribuivano le varie fermate: Roby e Riccardo si fermavano in
una pensione del centro, poi si portava a casa Valerio [...]. Lì
si fermavano e io avrei dovuto, secondo l'idea dei miei
colleghi, prendere un taxi e andare a casa, perché io abitavo in
periferia a Bologna. Scusa, ma perché devo prendere il taxi? C'è
l'autobus! Lo avevo preso fino a cinque mesi prima che andavo a
scuola. E io pigliavo l'autobus».
Ogni fase della vita se è vissuta appieno ed ha avuto così tante soddisfazioni come quelle che abbiamo vissuto noi è giusto che abbia una sensazione importante da tramandare e da rileggere dopo tanto tempo. Dodi
Alla domanda se provi nostalgia per il periodo di vita condiviso con i Pooh, Battaglia ha risposto: «Quando vedo queste fotografie, questi ritratti di noi, magari da ragazzini, chiaramente sì, un po' di malinconia viene fuori. Però sono stati tutti step così belli, così fantastici che hanno portato al compimento di cinquant'anni di lavoro assieme. Per cui ogni fase della vita se è vissuta appieno ed ha avuto così tante soddisfazioni come quelle che abbiamo vissuto noi è giusto che abbia una sensazione importante da tramandare e da rileggere dopo tanto tempo. Sono stati degli anni trascorsi con una velocità e con una intensità e con uno stress, una pressione così tale e tanta che spesso non ci riuscivamo neanche a godere quella che era la bellezza del momento che stavamo vivendo, dei primi in classifica, i Telegatti, tutte queste cose fantastiche, perché eravamo sempre con la testa rivolta a quello che stava per accadere da lì a un mese, a due mesi, per cui ogni età ha il suo tempo. Quando sei giovane e hai voglia di arrivare non hai tempo per metterti a ripensare a quello che hai fatto, a soppesare quello che hai fatto [...] l'anno scorso, sei mesi fa o l'anno prima. Ti devi mettere lì a pensare a quello che devi fare da lì a un anno. Per cui adesso è un po' il momento non dico di fermarsi, perché come dico nella controcopertina del mio ultimo disco che si intitola "e la storia continua...": la musica, come la storia, nessuno mai può fermarla. Però adesso è il momento in cui ci si può anche gustare certi momenti, certe fotografie, certi filmati che ritraggono dei momenti fantastici».
Il fatto di confrontarti visivamente con un tuo collega ti dà la possibilità di leggere negli occhi del tuo interlocutore subito, immediatamente se quello che stai facendo è una cosa che arriva al cuore. Dodi
Quello dei Pooh è un gruppo dove le decisioni venivano sempre prese insieme, sia che si trattasse di questioni artistiche che amminstrative. Dodi ha espresso la seguente considerazione: «Un paio d'ore fa ero ospite de "La Vita in Diretta" in occasione dello scioglimento di Elio e le Storie Tese ed ero uno dei commentatori di questa cosa. La cosa che avrei voluto dire e poi a un certo punto ho detto sarà per un'altra occasione, è che in un certo senso io rimpiango un po' il periodo in cui c'era un gruppo, una cantina, un altro gruppo... eravamo invasi dai complessi. Ma al di là della formazione dei gruppi, io credo che il fatto di fare musica in un gruppo lavorativo, in un gruppo musicale in maniera particolare ti dia la possibilità di avere un riscontro immediato di quello che tu fai. Cioè, a oggi vedo molti di questi ragazzi fare musica tra loro e il computer che hanno davanti e questo non porta a niente di bene, perché il computer non ti dice se sei bravo né se sei cattivo, massimo te lo pùò dire il vicino di casa [...]. Ma il fatto di confrontarti visivamente con un tuo collega ti dà la possibilità di leggere negli occhi del tuo interlocutore subito, immediatamente se quello che stai facendo è una cosa che arriva al cuore. Magari delle volte l'artista, il compositore si imbarca in certi voli pindarici che non portano a nulla di espressivo, magari per voglia di fare delle cose che piacciono a noi sotto il profilo strettamente musicale ma non a livello di comunicazione. Il fatto di stare in un gruppo lavorativo, in questo caso musicale, come appunto poteva essere quello di Elio e le Storie Tese, il nostro, i Nomadi, l'Equipe 84, i Modà, credo che sia una delle prime possibilità di avere un riscontro diretto su quello che stai facendo».
Al di là dei soldi che guadagni, dei riconoscimenti, di queste cose, non c'è niente di più bello di portare a compimento un sogno così esaltante come cinquant'anni di carriera assieme! Dodi
Dodi si è poi rifatto al periodo in cui i Pooh rimasero in tre: «Quando Stefano ha deciso di lasciare il gruppo eravamo di fronte a un bivio, per cui si trattava di mettersi seduti e di toccare quello che era rimasto della grande energia che faceva parte della nostra maniera di essere. Il problema o la dimensione da toccare quando tu fai musica da tanto tempo non è tanto quello che vai a fare fine a se stesso, o le alternative, i tuoi competitors non sono Baglioni, Morandi, i Modà piuttosto che Giorgia. I competitors primi in questi casi siamo noi stessi, perché quando tu sei pronto a fare un nuovo disco c'è sempre qualcuno che dice: "Sì, però "Uomini soli" era meglio... Però "Tanta voglia di lei"... Sì però... Sì però... Eravate meglio...". Fino a che il disco che stai facendo diventa popolare, entra nel sangue anche delle persone che son pronte a criticare inizialmente, ma il competitor sei te stesso con quello che hai fatto fino adesso. Per cui [...] ci siamo riuniti in un albergo fino a che abbiamo deciso, guardandoci in faccia, che avevamo ancora le credenziali, la volontà e c'erano ancora il sangue, l'energia, la vitalità per andare avanti fino a quello che è stato poi l'anno scorso. E mi ricordo che una delle frasi più ricorrenti di queste riunioni era, guardando una scritta che c'era in una cartelletta con il nostro logo, qualcuno diceva: "Beh ragazzi, facciamo in maniera che questa cosa arrivi a un grande risultato inenarrabile, forse irripetibile" [...]. Pensate che bello! Al di là dei soldi che guadagni, dei riconoscimenti, di queste cose, non c'è niente di più bello di portare a compimento un sogno così esaltante come cinquant'anni di carriera assieme! Per cui sì, le nostre riunioni sono sempe state molto importanti».
Purtroppo adesso manca molto a tutti noi come amico e in questo caso come autore, ma credo che forse la più grande componente del nostro successo è stato proprio Negrini. Dodi
Ai ringraziamenti da parte di tutti i fan rivolti da Fabio
Martini, Dodi ha risposto a sua volta: «E' un grazie reciproco
perché a chi mi chiede qual è stato il segreto del grande
successo dei Pooh io dico: non c'è un grande successo. Ma tra
queste cose che si chiamano talento, fortuna, volontà, vitalità,
scelta dei componenti volente o nolente che poi è avvenuta nel
corso del tempo, anche il fatto che il nostro pubblico ci abbia
seguito con tale e tanto affetto per cinquant'anni è una delle
grandi componenti di questo successo».
Martini ha aggiunto: «Ci avete aiutato a vivere meglio. Ed è
stato un vivere meglio combattendo».
Dodi: «Noi abbiamo fatto il nostro mestiere molto seriamente,
con grande passione in tutte le sfaccettature che si può pensare
si possa svolgere questo mestiere: nei concerti dal vivo, negli
allestimenti, nella programmazione, nella produzione. Ma io
credo che l'asso nella manica del nostro mestiere è stato un
signore di nome Valerio Negrini che ha saputo essere così
intelligente da approfittare di una grande popolarità che noi
avevamo per comunicare con una semplicità finta quotidianamente
quello che era di una genialità e di una profondità immensa, dei
concetti fantastici. Ma chi nelle canzoni è riuscito a parlare
di Inca, chi nelle canzoni è riuscito a parlare di Parsifal, di
prostitute, di marziani, di extraterrestri, di gente che veniva
già negli anni '70 agli albori di quello che è il fenomeno delle
persone che cercano di entrare adesso in Italia, che ha avuto, a
parte Baglioni, il coraggio di raccontare le storie dei paesi
dell'Est, piuttosto che di piazza Tienanmen? Noi lo abbiamo
avuto. Purtroppo adesso manca molto a tutti noi come amico e in
questo caso come autore, ma credo che forse la più grande
componente del nostro successo è stato proprio Negrini».
Fine prima parte. Continua...
Autore - Michaela Sangiorgi