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Dodi Battaglia e gli Swinging 60s - Venerdì 22.03.2024

Da sinistra Michelangelo Iossa, Franco Dassisti, Dodi Battaglia, Antonio Taormina

Lo scorso 13 marzo si è tenuta a Bologna la presentazione del libro "Swinging 60s", il nuovo lavoro nato dalla collaborazione di Franco Dassisti e Michelangelo Iossa, più di 340 pagine dedicate al decennio che vide Londra assoluta protagonista della cultura pop. Attraverso una narrazione scorrevole, box di approfondimento ed una ricca varietà di immagini, il volume permette di scoprire quanto l'ambiente culturale londinese seppe influenzare, se non stravolgere, i mondi della musica, del cinema, delle arti, della moda e del costume. Fu l'americano "Time" a definire la capitale britannica "Swinging city" (da qui il titolo del libro), mentre a sua volta la direttrice di "Vogue" dichiarò di considerare Londra «La città più alla moda del mondo».
Come punto di partenza temporale ideale per segnare l'inizio di quella che fu una vera e propria rivoluzione culturale, viene preso il 05 ottobre del 1962, giorno nel quale The Beatles pubblicarono "Love me do", il loro primo 45 giri ed uscì nei cinema la prima pellicola della fortunata saga cinematografica legata al protagonista dei romanzi di Ian Fleming: "Dr. No", in Italia "Agente 007 - Licenza di uccidere". Non viene però tralasciato di spiegare quali furono gli eventi che contribuirono a preparare le basi sociali e culturali che portarono a tutto ciò: viene così coperto un arco temporale che parte dagli anni Quaranta e giunge a quella fine del sogno sancita dagli anni Settanta. Un sogno che ha lasciato una eredità che ancora oggi è più che mai tangibile e la cui narrazione ha richiesto due anni di lavoro.
Delle tre introduzioni poste ad inizio del libro, una porta la firma di Roby Facchinetti. A sua volta, Dodi Battaglia è stato ospite e moderatore della presentazione organizzata presso la libreria Feltrinelli posta all'ombra delle Due Torri bolognesi. Con lui Antonio Taormina, docente di progettazione e gestione delle attività di spettacolo presso l’Alma Mater Studiorum Università di Bologna, oltre ad essere uno dei maggiori esperti dei Beatles e curatore dei testi letterari di John Lennon in Italia.

La passione è tanta nei confronti della musica di chi fa il musicista, ma il fatto di poter pensare di vivere di musica è una grande, immensa differenza. Dodi Battaglia

Durante il lungo incontro, anche Dodi Battaglia ha avuto modo di portare la sua testimonianza sul clima musicale che pervadeva Bologna negli anni Sessanta. Antonio Taormina, rivolto al chitarrista e compositore: «Quali echi provenivano dalla "Swinging London", dall'Inghilterra? Come percepivate quello che stava accadendo e in che modo eravate influenzati da quello che vedevate accadere fuori dall'Italia? Premesso che Bologna [...] ha avuto un ruolo fondamentale in quegli anni nell'industria della musica italiana, esisteva una "Swinging Bologna", esisteva un corrispettivo italiano di quello che stava succedendo in Inghilterra?».
Dodi Battaglia: «Sicuramente Bologna credo fosse raffrontabile come clima, perché veniva da un momento di grande "esplosione" dopo la guerra, di grande vita, di voglia di divertimento e voglia di infrangere le vecchie regole [...]. Per cui Londra e tutti questi movimenti erano pane quotidiano per noi bolognesi, tale e tanto che divenne proprio in quegli anni una delle tappe principali dei musicisti che giravano in giro per il mondo: dovevano assolutamente fermarsi, in maniera particolare i jazzisti, a Bologna perché era la città della musica, come dice De Gregori, o degli orchestrali. Sono solito dire per esempio, ma ci sono arrivato anni più tardi, che Milano è la città dell'industria della musica, Roma è la città del cinema, ma Bologna è la città di chi fa la musica, perché è sempre stato così, ma non perché siamo più bravi [...]: Bologna è al centro dell'Emilia Romagna e ai tempi era al centro di una serie di discoteche, ai tempi si chiamavano locali da ballo, di balere, che davano la possibilità a noi che facevamo i musicisti, me compreso, di sopravvivere e di pensare eventualmente a un futuro, a una famiglia, o a un mestiere [...]. È un "crinale" molto importante tra chi fa musica per divertimento e chi fa musica, scusate il termine, per "magnare", perché la passione è tanta nei confronti della musica di chi fa il musicista, ma il fatto di poter pensare di vivere di musica è una grande, immensa differenza. Io stesso che ho cominciato a suonare quando avevo 5 anni, se fossi nato a Matera probabilmente, dove mi sono peraltro laureato in jazz, sicuramente non avrei avuto questo tipo di possibilità, perché il discorso era: "Sì, voglio fare musica". "Ma da grande cosa vuoi fare?", la domanda vera che ci facevano i nostri genitori».
Dodi ha così proseguito: «Devo dire che Bologna, recependo molte di quelli che erano i messaggi che arrivavano da Londra, ha avuto la mentalità per poter espandersi in questi termini e per invadere di musicalità il mondo della musica leggera italiana. Ricordiamoci che di Bologna sono i tre più grandi arrangiatori, uno dei quali si chiama Fiorenzo Zanotti, l'altro si chiama Celso Valli, l'altro [...] è Mauro Malavasi: sono stati coloro che hanno fatto delle produzioni fantastiche, invidiati dall'estero [...]. Bologna ha sempre recepito molto volentieri quelli che erano gli input che venivano da Londra. Noi musicisti italiani a tutt'oggi risentiamo ancora di questa "eco", tale e tanto che se a oggi uno vuole fare un disco fantastico lo va a fare a Londra, ma a Londra ci sono gli studi esattamente come sono qua [...]. È un'aria che respiri, un clima credo di libertà e la cosa sostanziale che abbiamo vissuto in quegli anni in cui una società stucchevole come poteva essere quella inglese a un certo punto ha scoperto che aveva la libertà di rivoluzionare tutto e la stessa cosa l'abbiamo fatta anche qua, anche troppo a Bologna peraltro. Abbiamo rivoluzionato parecchie cose, anche dolorosamente, però erano gli anni in cui si assaporava la libertà, si assaporava la possibilità di non andare a scuola per protesta; oggi è normale fare le manifestazioni. Ai tempi non era pensabile e questo lo abbiamo "importato" da Londra [...]. La mia esperienza è simile a qualsiasi musicista che sia nato negli anni in cui ho cominciato a fare musica».

Dodi Battaglia alla presentazione del libro di Dassisti e Iossa

Dodi Battaglia alla presentazione del libro di Dassisti e Iossa. Clicca per ingrandire.

Locandina della Jimi Hendrix Experience tenuta a BolognaMichelangelo Iossa ha però osservato: «Non tutti hanno fatto il supporter di Jimi Hendrix a 17 anni!».
Dodi ha spiegato: «Questa è una cosa che è passata alla storia. Io ho suonato al pomeriggio in una gara di complessi che si faceva al palazzo dello sport di Bologna, in occasione del concerto di Jimi Hendrix [...]. Ma ero pieno di incoscienza e di voglia di riscatto, tale e tanto che quando ci siamo accordati sui brani che avremmo dovuto suonare, il capo orchestra mi disse: "Ma tu cosa sai fare bene?". "Io so fare 'Foxy Lady' di Jimi Hendrix". "Ma un altro pezzo non ce l'hai?". "Sì, ce ne ho tanti, ma quello lo faccio benissimo!". Io sono stato così [...] impavido da suonare "Foxy Lady" prima di Jimi Hendrix e la cosa più fantastica è che non m'hanno menato! Sono un "sopravvissuto" all'esperienza, ma era troppo dilagante quello che quella musica esprimeva e quello che avevi la possibilità di esprimere...».
L'episodio a cui Dodi ha fatto riferimento e di cui già abbiamo avuto occasione di scrivere nel 2016 nell'articolo "Dodi Battaglia e la musica a Bologna negli anni Sessanta", si tratta della "Jimi Hendrix Experience", il concerto tenuto nel palasport di Bologna il 26 maggio 1968. Dodi partecipò al contest musicale in qualità di chitarrista dei Meteors, band molto quotata in ambito bolognese ed in precedenza gruppo spalla di Gianni Morandi.

 
Dodi ha proseguito accennando ad un parallelo con i Pooh: «Volevo soffermarmi su una cosa bella, una cosa che collega quello che ho letto in queste pagine», riferendosi al libro "Swinging 60s". «Sono aneddoti, sono storie vere. Il fatto delle ragazze che scappavano di casa: in un brano dei Beatles si chiamava "She's leaving home" [...] e Valerio colse questo tipo di storie e fece "Piccola Katy": è la storia di una ragazza che scappa di casa, conosce un ragazzo in discoteca [...]. La verità di quei giorni è che era così dirompente il fatto di essere "contro" e di essere trasgressivi che ai tempi, se non scappavi di casa, eri uno sfigato. Se tu non facevi tre o quattro giorni a dormire sotto i ponti, sperando in primavera [...], era obbligatorio».
Dodi ha poi ricordato: «A tutt'oggi gli studi d'incisione più innovativi sono a Londra, la moda più innovativa si continua a fare a Londra [...]. Eravamo così entusiasti di essere andati la prima volta a Londra e il mio amico, il nostro amico Roby Facchinetti che non conosceva l'inglese, io sì». L'artista ha fatto riferimento al viaggio che portò i Pooh a soggiornare il 27 ed il 28 marzo del 1972 nella capitale britannica per registrare in lingua inglese il brano "I'll close the door behind me", trasposizione di "Tanta voglia di lei".

Swinging 60s - Franco Dassisti e Michelangelo Iossa

"Swinging 60s" di Franco Dassisti e Michelangelo Iossa. Clicca per ingrandire.

Franco Dassisti è giornalista, critico cinematografico, telecronista sportivo e biografo musicale. Collabora per il cinema con Radio 24, sulle cui frequenze conduce la trasmissione "La rosa purpurea". Ai fan dei Pooh è un nome familiare per il suo "Quello che non sai", libro pubblicato con Mondadori nel 1997 e dedicato alla storia della band di origine bolognese. Michelangelo Iossa è un giornalista, scrittore, docente universitario e collabora con alcune delle più importanti testate italiane, oltre ad essere uno dei più autorevoli biografi italiani dei Beatles. Il loro libro "Swinging 60s" è disponibile in libreria ed online, ad esempio sul sito di Hoeplieditore.it.

Autore - Michaela Sangiorgi