Pooh - Rassegna Stampa Anni '70 - 1978 - 1° parte

Nota

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1978

12 febbraio 1978 - Corrier Boy - Numero 5 - "Speciale musica - I Pooh", di Lucia Castagna

12.02.1978 - Corrier Boy - Speciale musica - I Pooh, di Lucia Castagna     12.02.1978 - Corrier Boy - Speciale musica - I Pooh, di Lucia Castagna     12.02.1978 - Corrier Boy - Speciale musica - I Pooh, di Lucia Castagna     12.02.1978 - Corrier Boy - Speciale musica - I Pooh, di Lucia Castagna     12.02.1978 - Corrier Boy - Speciale musica - I Pooh, di Lucia Castagna     12.02.1978 - Corrier Boy - Speciale musica - I Pooh, di Lucia Castagna

Con un disco d'oro che ha premiato la vendita del loro ultimo milione di copie, e i piazzamenti ai primissimi posti delle classifiche dei "33" e dei "45" giri, i Pooh sono partiti per una tournée che li vedrà impegnati in Romania e Bulgaria, in America, in Australia e poi ancora in Spagna e in Germania. Torneranno a casa solo verso l'estate prossima, appena in tempo per preparare il nuovo album. E poi ancora tournée, questa volta in Italia, dove si presenteranno con uno spettacolo e un repertorio tutto rinnovato.
[...] Il vostro ultimo album, "Rotolando respirando", ha avuto ancora una volta molto successo, piazzandosi in soli tre mesi di distribuzione ai primi posti della classifica di vendita. Cosa vuol dire questo titolo così curioso?
"Il titolo è strettamente legato all'immagine della copertina del long-playing, che rappresenta un uovo da cui spunta un fiore rosso. L'uovo è una forma di vita, forse la primordiale, da cui nasce qualcosa, che è appunto il fiore... l'uovo rotola per le vie del mondo, senza fermarsi mai, e respira, cioè vive e crea una nuova vita.. insomma, c'è tutto un simbolismo che è poi legato al tema dell'esistenza...".

11 marzo 1978 - Nuovo Sound - "Ma da che parte sta la verità?", di Stefano D'Orazio

11.03.1978 - Nuovo Sound - Ma da che parte sta la verità?, di Stefano D'Orazio

Riflessioni all'indomani di una tournée effettuata con i Pooh nei Paesi dell'Est. Cosa significa governare? Farsi obbedire oppure orientare le coscienze verso una giustizia individuale e al contempo collettiva?
Ma da che parte sta la verità? Me lo sono chiesto; per tutto il tempo che sono rimasto nell'Est d'Europa. E stavolta, questa domanda, me la sono fatta ancora più spesso che non lo scorso anno, forse perché ho avuto modo di rivedere le cose con maggiore obiettività, con meno entusiasmo e forse ho guardato tra le pieghe di una situazione che a prima vista non riesce e farti avere un quadro vero delle cose.
Sono tornato in Bulgaria e Romania per lavoro, per fare dei concerti e da questo punto di vista è stato tutto molto bello: grande successo, teatri meravigliosi e poi c'era la gente, tanta gente, ma tanto lontana, non per tradizione, per cultura o diffidenza, ma lontana fisicamente: arrivavano quindici minuti prima dell'inizio dei concerti, riempivano in silenzio i cingue-seimila posti dei teatri, e finito il concerto in silenzio ed in fretta risparivano, fuori non rimaneva quasi più niente ed i pochi disposti a sfidare i meno-guindici del loro dicembre, venivano tenuti lontani da efficientissimi poliziotti.
L'unico momento in cui la gente non era lontana era durante il concerto: allora si sentiva il calore, l'entusiasmo, l'affetto che usciva dai loro applausi; la voglia di vivere che sembra abbia paura di affacciarsi dai loro cappotti quando per la strada ti guardano solo un attimo e quasi con timore, nel teatro te la senti gettare addosso e non t1 sembra possibile che quella gente che ti siede davanti, sia la stessa che durante il giorno affolla in silenzio i grandi magazzini.
Di tutto ciò quest'anno mi sono chiesto il perché ed ho cercato di parlare con qualcuno che me lo potesse spiegare; questo non è stato facile non tanto per un problema di lingua, dato che, specialmente i giovani, riescono quasi tutti a farsi capire un po' in inglese, in francese, in italiano, ma proprio per una difficoltà materiale di contattare persone al di fuori di quelle che ci circondavano abitualmente.
"Non si può" te lo senti dire spesso una volta che riesci a stare vicino a qualcuno e cominci a parlare.
C'è una paura di fondo a farsi vedere in giro discutere con uno 'straniero'. Boris è un po' più disinibito degli altri e quindi veniva anche in hotel, lui, dice, non ha molto da perdere, ha perso il suo lavoro tre anni fa, e da allora vive con lo stipendio della moglie, faceva l'interprete, ma probabilmente deve essergli successo qualcosa con i dollari che nell'Est sono richiestissimi perché danno la possibilità di acquistare quelle cose che con la moneta locale non vengono vendute e quindi c'è un grosso mercato nero di dollari, te li chiedono un po' dappertutto, ti fermano addirittura per la strada se vedono una targa straniera e li pagano fino a quattro volte il valore ufficiale; Boris forse ha combinato qualcosa con questa valuta e adesso da tre anni è a spasso, si arrangia dove può quando arriva qualche italiano che non vuole l'interprete ufficiale e intanto aspetta il momento per venir via, sembra che ci abbia provato già un paio di volte ma senza successo.
Parla l'italiano benissimo, tanto che in un primo momento pensavo facesse parte di un gruppo di montatori di macchinari per pneumatici che sono a Sofia per conto di una ditta di Lucca invece è Bulgaro da sempre. Mi ha cominciato a raccontare di come la Bulgaria abbia risentito di quasi mille anni di dominio turco, di come poi verso la fine dell'Ottocento i Russi la liberarono da questa sudditanza che il popolo bulgaro non era mai riuscito ad accettare, di come nei primi del Novecento abbiano dovuto ricominciare tutto da capo: case, strade, scuole non c'era niente, i Turchi non avevano fatto mai nulla per la Bulgaria e loro si trovavano duecento anni non facili da colmare in meno di un secolo, e di come oggi la Bulgaria sia una Nazione. con le sue strutture, le sue città, le sue strade e la sua gente cresciuta di pari passo con il progredire della propria terra e che oggi si guarda intorno e sente il bisogno di muoversi e di partecipare pari passo con il progredire della propria terra e che oggi si guarda intorno e sente il bisogno di muoversi e di partecipare direttamente al 'progresso' del proprio Paese. Ed è qui che Boris e di giovani in genere si sentono castrati, in questa partecipazione.
"È il governo che pensa a tutto, al popolo non resta che obbedire, le leggi non si mettono in discussione, e soprattutto non ci si deve chiedere mai perché".
Queste parole, dette amaramente da un giovane che in qualche modo rappresenta il 'dissenso della gioventù dell'Est', fanno pensare lungamente.
Noi, da questa parte, lottiamo per ottenere la modifica di quelle strutture che il tempo ha reso superate o che la giustizia degli uomini ha reso ingiuste e partiamo con le nostre esigenze esattamente da dove dall'altra parte sperano di arrivare. Il Capitalismo ha fatto le sue scelte e le ha sbagliate, ce ne stiamo accorgendo e le stiamo combattendo; altre scelte ha fatto il Comunismo, scelte che fino a ieri personalmente vedevo come alternativa agli errori di un indirizzo di vita troppo lontano dalla nostra natura, ma che, a loro volta, non si avvicinano alle esigenze di una vita intesa come partecipazione alle proprie scelte.
Sembra un gioco di parole, invece è un po' un mordersi la coda alla ricerca di un sistema ideale.
Cosa significa governare? Farsi obbedire, come accade oggi nell'Est? Oppure orientare le coscienze verso una giustizia individuale e al contempo collettiva perché appartenente a tutti come non avviene in Occidente?
È ingiusto subire la libertà degli altri quando sconfina nella nostra mutilandola, così come è ingiusto aver paura di pretendere di essere liberi. E allora, da che parte sta la libertà? E soprattutto, le bombe di casa nostra, possono aiutarci a trovarla?

Aprile 1978 - Testata sconosciuta - "I Pooh - Cercami"

Aprile 1978 - Testata sconosciuta - I Pooh - Cercami

Solita linea musicale ricca di suggestione per i quattro musicisti che sono ormai lanciatissimi in campo internazionale. Appena ultimata la «tournée» che li ha condotti in Bulgaria, Romania e Cecoslovacchia, hanno già tanti programmi. Tra questi un LP dal titolo «Boomerang» con i loro più famosi successi dal 1972 ad oggi.

Aprile 1978 - Nuovo Sound - Numero 4 - Pagina pubblicitaria

Aprile 1978 - Nuovo Sound - Numero 4 - Pagina pubblicitaria

Aprile 1978 - Nuovo Sound - Numero 4 - "Bevo Jagermeister perché mi lava il cervello", di Stefano D'Orazio

Aprile 1978 - Nuovo Sound - Numero 4 - Bevo Jagermeister perché mi lava il cervello, di Stefano D'Orazio

... e non è il solo, ma è forse arrivato il momento di smettere dì arrendersi al bombardamento reclamistico al quale veniamo quotidianamente sottoposti e di lasciare più spazio al nostro raziocinio per provare se siamo ancora capaci di scegliere attenendoci ad un nostro giudizio e servendoci dei nostri mezzi naturali per decidere se una certa cosa è come la vorremmo o no.
Assaporare, annusare, ascoltare, provare, toccare, sono esperienze che ci siamo ormai abituati a dimenticare e, per le nostre scelte, partiamo dal presupposto che una certa cosa sia buona o giusta perché ad esempio, "L'ha detto anche la Tivvù".
Ci facciamo piacere anche ciò che non cl piace ed aumentiamo, quotidianamente, la nostra disponibilità a lasciarci influenzare [...].
Ma la sfera di condizionamento della pubblicità commerciale ha abbondantemente straripato al di fuori del commercio stesso e gli slogan contagiano anche quei campi dove la scelta e l'approfondimento non possono essere un di più.
Lasciarsi affascinare dai 'sentito dire', e fare dell'imperno uno sport alla moda, è diventato per molti una maniera di atteggiarsi ad intellettuali e troppo spesso c'è chi pretende di dire la sua, che sua poi non è, senza sapere se poi è tutto vero ciò che si sente urlare [...].
Parlare con la gente perché siamo noi e lasciare a chi non la pensa come noi la possibilità di spiegarci il perché, dovrebbero essere delle regole di vita e forse lo sono, ma non le hanno pubblicizzate abbastanza.
Chi ha imparato a non lasciarsi coinvolgere, avrà senz'altro dovuto rivedere molti suoi giudizi precedenti sulle cose e forse anche su qualche fatto o persona [...].

Giugno 1978 - Il Monello - Numero 25 - Pagina 40 - "I Pooh", di R. C.

1978 - Il Monello - Numero 25 - Pagina 40 - I Pooh, di R. C.    1978 - Il Monello - Numero 25 - Pagina 40 - I Pooh, di R. C.    1978 - Il Monello - Numero 25 - Pagina 40 - I Pooh, di R. C.    1978 - Il Monello - Numero 25 - Pagina 40 - I Pooh, di R. C.    1978 - Il Monello - Numero 25 - Pagina 40 - I Pooh, di R. C.

Dall'estate '77 all'inizio estate '78 i Pooh sono stati spesso all'estero,in tournée. Quasi un anno intero di silenzio, di volontario esilio, che i Pooh stessi hanno definito «un'operazione costruttiva per iniziare un discorso più concreto fuori dei nostri confini nazionali e maturare musicalmente a contatto di un ambiente diverso. Una maturazione che si avverte già nel nostro 45 giri appena uscito e nell'album che uscirà in settembre».
- Ma in cosa si concreta questa maturazione?
- Non c'è quasi più l'orchestra, soltanto un filo. Ora tutto è basato sulle nostre voci e sui nostri strumenti. Siamo diventati completamente autosufficienti. Le ritmiche sono più vive, mentre prima in certi pezzi, rischiavamo di essere... semplici accompagnatori dell'orchestra.
- Ma in sostanza che cosa darete di più al pubblico?
- Uno spettacolo più completo, più sicurezza in noi stessi [...], rinnovato musicalmente e come impianto luci, fra cui ha fatto il suo ingresso il laser per alcuni effetti speciali.
[...] molti si accontentano di sfruttare il successo del momento per mettere da parte quattrini. Noi, invece, crediamo in noi stessi e nella musica che facciamo e abbiamo investito - diciamo così - i nostri guadagni nel nostro talento [...]. Per rinnovare il nostro spettacolo abbiamo speso [...] circa 150 milioni in nuovi strumenti e apparecchiature per dare al pubblico uno spettacolo degno di questo nome, mentre invece sarebbe stato più semplice, e soprattutto più sicuro, mettere i quattrini guadagnati in banca...
- Alcuni vi accusano di fare musica non impegnata, cioè musica di consumo, sia pure a un certo livello. È vero?
- [...] Un artista incide un disco per venderlo: è quindi sempre un'operazione commerciale. Chi nega questo è in malafede... Noi almeno siamo sinceri. Facciamo dischi che piacciono a noi prima che al pubblico. I nostri appassionati che ci seguono fin dai tempi di «Tanta voglia di lei» lo sanno e sanno anche che nelle nostre canzoni non abbiamo parlato solo d'amore, ma abbiamo affrontato molti problemi, anche sociali, senza per questo spacciarci per «impegnati».
- E di costoro, cosa ne pensate?
- Pensiamo che in questo momento particolare la gente non vada ulteriormente angosciata con tematiche musicali dure, pesanti, difficili. La gente ha bisogno di cose umane, serene. E noi, nelle nostre canzoni, raccontiamo storie di vita in cui ognuno può ritrovarsi.

Rassegna Stampa Anni '70 - Anno 1978 - 2° parte