Dossier "Parsifal i 40 anni": L'anno, il posto, l'ora - Venerdi' 06.09.2013
- Testo: Valerio Negrini
- Musica: Roby Facchinetti, Dodi Battaglia
- Voci soliste: Red Canzian, Roby Facchinetti, Dodi Battaglia
- Timing: 6:47 ca.
L'anno il settantatre |
La vicina è andata via |
"L’anno, il posto, l’ora", la canzone che apre il lato A di "Parsifal" e che venne pubblicata anche come lato B del 45 giri "Infiniti noi" nella versione juke-box, nacque da un’idea di Battaglia che Facchinetti sviluppò ulteriormente.
"Dodi aveva scritto la prima parte, fino all’inciso. Venne a Roncobilaccio a farcela ascoltare. L’avevamo inserita in scaletta già alla fine del ’72. Bella musica, ma da sola non poteva stare in piedi. Era un tavolo senza una gamba. Aggiunsi a quella melodia un pezzo totalmente indipendente. Ne risultò una piccola suite, molto in linea con le tendenze musicali del periodo". Roby Facchinetti
La canzone era stata già stata presentata ancora in forma embrionale nel breve tour teatrale precedente alla defezione di Fogli, con un testo parzialmente in lingua inglese e dal soggetto totalmente differente. Esiste un documento video di tale versione: http://youtu.be/4K2OEMvAjlw di cui si può anche leggere il testo: versione inedita di "L'anno, il posto, l'ora".
"Parla di un pilota il cui aereo cade proprio mentre sta tornando a casa. Mentre precipita, pensa a casa sua, al bambino che sta dormendo, alla sua donna che gli sta preparando da mangiare. In un attimo rivive tutta la sua vita. Fu Lucariello a deciderlo. La divisione dei pani e dei pesci avviene così: ognuno di noi scrive, poi porta quel che ha scritto nella "famiglia", che in modo assolutamente democratico decide quali sono i pezzi su cui vale la pena lavorare. A questo punto i due autori dei testi, Valerio e Stefano, si spartiscono i brani a seconda dei loro gusti personali. All’autore di razza, quando sente una musica, viene subito in mente con quali parole rivestirla: è una questione di DNA che c’è nella musica. Spesso ho sentito Stefano o Valerio dire: qui vorrei parlare di questo, poi l’hanno fatto. E avevano ascoltato la musica soltanto una volta. Quando il pezzo è completo, riascoltiamo il tutto e decidiamo se il testo si sposa bene con la musica o se bisogna rifarlo. A questo punto di solito ognuno di noi prova a cantare quel brano e decidiamo a chi affidarlo". Red Canzian
Questo brano, in originale in tonalità di Mi minore, si presenta come una mini-suite in 4/4, composta da una prima parte, prettamente chitarristica e riconducibile ad un brano scritto dal solo Battaglia, come è dimostrabile dalla versione embrionale presentata precedentemente dal vivo con in formazione ancora Riccardo Fogli al basso. Il brano, in tonalità minore, si apre con gli archi che sembra stiano per accordarsi mentre invece sono tesi a simulare il suono di un aereo in volo (la tonalità minore conferisce tristezza alla sezione d'archi, lasciando intuire la caduta del velivolo) su cui si insinua piano l'arpeggio di chitarre acustica ed elettrica che prende il sopravvento mentre gli archi svaniscono, su cui apre la voce di Canzian che con rassegnazione canta della consapevolezza del pilota di un piccolo aereo che sta precipitando nell'Artico di essere ormai arrivato alla fine della sua vita; il presente dell'attimo cantato dal bassista trevigiano trova eco nel passaggio seguente cantato da Facchinetti, mentre a Battaglia è destinata la terza parte, dedicata al passato del protagonista e alla sua vita che scorre via davanti ai suoi occhi, man mano coperta dal rumore assordante del disastro che si sta compiendo.
La suddivisione delle strofe per tre voci è tesa a dare una forma di crescendo, enfatizzato nella parte cantata da Battaglia dall'entrata della sezione ritmica di D'Orazio su cui si innestano dei pregevoli lick del basso di Canzian (che, va ricordato, era un chitarrista quindi dotato di tecniche e approcci diversi rispetto allo strumento suonato ora nei Pooh); nella versione demo (che dal vivo veniva presentata con altre parti musicali poi confluite nella suite di "Parsifal") la voce era appannaggio del solo Battaglia ed era leggermente più veloce. Il rientro degli archi conferisce al ritornello, rallentato rispetto al resto del brano, toni più tragici, enfatizzati dall'uso dei potenti falsetti che lo fa sembrare quasi un coro di valchirie di wagneriana memoria, che intimano di non svelare alla donna la sorte del suo amato; la tristezza dell'ineluttabile permeava anche i toni della versione demo in questo passaggio, che ripeteva in questa parte la frase "yesterday is gone".
Il bel finale del ritornello dà modo di collegarsi alla seconda parte della piccola suite, probabilmente composta da Facchinetti per alcune peculiarità ravvisabili nella sua poetica musicale, che in tonalità maggiore conferisce la serenità per portare lo "sguardo" dell'ascoltatore sulla vita della donna che, lontana e ignara di quel che è accaduto al suo uomo, accudisce il loro bambino. L'arpeggio delle chitarre è ancora costante, anche se nel ritornello era rimasta solo l'elettrica contraddistinta da un flanger ed in questa parte torna appannaggio delle sole acustiche su cui si aggiunge la steel guitar (per la prima volta in un brano dei Pooh) che "dondola" sulla scena mentre gli archi spaziano a rendere ariosa e quieta la scena descritta dai bei toni della voce di Battaglia. Nel testo sembra quasi di capire che la donna è la sola ad ignorare la sorte toccata al compagno, che con il pensiero sembra quasi voler cercare le piccole quotidianità, quando anche le figure della vicina di casa e di sua madre sembrano farsi da parte per lasciare che, recuperando armonicamente l'inizio del refrain, lo "sguardo" ritorni accompagnato dalla tonalità minore iniziale ai ghiacci innevati dove giacciono i rottami ed il corpo senza vita del protagonista. Ormai è solo la sua anima che descrive il paesaggio lunare che circonda i suoi resti, mentre tutti i fardelli della sua vita terrena scivolano via pian piano, attraverso la voce di Facchinetti "raddoppiata" da quella Canzian, quasi stagliata sulla scena.
A Battaglia tocca la strofa di chiusura, in cui c'è l'ultimo commiato per la sua donna, attraverso una "promessa" d'eterno che riecheggia quella che per tanti anni è stato il comune sentimento di chi ricordava aviatori leggendari come Antoine de Saint Exupery o Amelia Earhart, spariti in volo. Il ritorno del ritornello nella sua tragicità vede anche l'effetto flanger prendere possesso delle voci, dissolvendole man mano e lasciando solo il bel contrappunto dei potenti archi.
Il testo di "L'anno, il posto, l'ora" può essere preso ad esempio della grande maturità già allora raggiunta da Valerio Negrini di riuscire, quando non costretto nei dettami della "canzonetta a tutti i costi", a raccontare intere storie attraverso immagini rese vivide con poche parole. La canzone è l'unica dell'album che vede tutti e tre i cantanti solisti della formazione di allora, cioè Facchinetti, Battaglia e l'ultimo arrivato Canzian; infatti a quei tempi D'Orazio partecipava a qualche coro ma non aveva ancora cantato da solista. Proposta occasionalmente dal vivo, la canzone era stata da tempo abbandonata per tornare ad apparire in alcuni concerti come parte di medley con altri classici del gruppo, di cui esistono solo due testimonanze ufficiali ben distinte: la prima apparizione è come parte del medley apparso come bonus track sul CD singolo "Portami via" del 2001 e registrata durante il "Cento di queste vite tour" dello stesso anno. L'altra invece è in una versione, anch'essa parziale, registrata durante il soundcheck per il concerto del 27 agosto 2011 del "Dove comincia il sole tour" e presente sia nel doppio album dal vivo "Dove comincia il sole - 27 agosto 2011 Castello di Este" che nella versione con DVD Dove comincia il sole - 27 agosto 2011 Castello di Este Luxury Edition in cui si può vedere il brano affrontato dalla formazione "allargata" a Danilo Ballo, Phil Mer e Ludovico Vagnone, dopo l'abbandono del gruppo da parte di D'Orazio di due anni prima.
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