I Dossier di iPooh.it - "Parsifal"

Dossier "Parsifal i 40 anni": Parsifal - Venerdi' 20.09.2013

Rigo di spartito

  • Testo: Valerio Negrini
  • Musica: Roby Facchinetti
  • Voce solista: Dodi Battaglia, Roby Facchinetti
  • Timing: 9:60 ca.

Chiaro è il mattino
che nasce dall'Est
questa foresta è tua
Nato selvaggio
puro nell'anima
non sai paura cos'è
Quei cavalieri simili a dei
non li hai mai visti però
non paura nasce dentro
Folle nell'alba
tu vuoi conoscere
ciò che nel bosco non c'è
hai scoperto il tuo destino
Il tuo destino
nel nome che tu avrai
re della luce sarai
corri, corri, corri, corri
Parleranno a te

di Dio
del Re
le fanciulle fiore
nel viaggio
vedrai
in un grande sogno antico
la tua nuova vita solitario ti sospingerà
e un dubbio ti conquisterà
L'incantata età
straniera
di lei
non è gloria o vento
ma dolce
realtà
dentro l'erba alta al fiume
le tue armi al sole e alla rugiada hai regalato ormai
sacro non diventerai
qui si ferma il tuo cammino

 

Un cavaliere di Barry Windsor Smith

Un cavaliere da una tavola di Barry Windsor Smith.

"Parsifal" è la suite interamente composta da Facchinetti per l'evocativo testo di Negrini: caratterizzata da una parte strumentale di sei minuti, è frutto dell'unione di tre diversi movimenti provenienti da precedenti composizioni di cui la più vecchia è addirittura apparsa in versione demo sull’album "Contrasto" del 1968, come title-track. Nelle parole seguenti di Facchinetti, l'origine delle altre parti confluite nella suite.

«È un pezzo fondamentale nella storia dei Pooh, il nostro fiore all’occhiello. Dentro c’è tutto: la melodia, la potenza, la forza della parte cantata e di quella strumentale, un assolo di chitarra davvero straordinario. Ancora oggi ogni volta che lo eseguiamo ha un successo enorme. Originariamente questa musica doveva essere la colonna sonora di un film di Bevilacqua, Questa specie d’amore. Su richiesta dell’ufficio editoriale della CGD avevo scritto tutta una serie di brani strumentali. Ci fu anche un incontro con Bevilacqua, ma alla fine decise di affidare il lavoro a Morricone. Inoltre c’era un pezzo strumentale che usavamo dal vivo già ai tempi di Valerio e Riccardo: ironizzava sui temi dei cosiddetti Spaghetti Western e lo chiamavamo Un maiale per Ringo. A un certo punto, su suggerimento di Lucariello, ho provato a mettere tutto insieme ed è nata questa suite. Così, da una serie di esperienze in realtà assolutamente scollegate una con l’altra, è venuto fuori Parsifal. La cosa curiosa è che ci sono persone che non attribuiscono più il Parsifal a Wagner, ma ai Pooh. Un direttore d’orchestra, uno di quelli serissimi che fanno gli esami di ammissione al conservatorio, mi ha raccontato che una volta si presentò un candidato portando il Parsifal. "Di Wagner" domandò lui. E l’allievo, di rimando "No, dei Pooh". Non so se quel ragazzo sia stato ammesso o meno al conservatorio, ma per noi questo episodio è da libidine». Roby Facchinetti

Il Parsifal di Negrini è diverso da quello del mito arturiano, trascendendo dalla figura del cavaliere puro di cuore. Nelle strofe di Valerio per amore l'uomo abbandona le armi e rinuncia alla gloria eterna degli eroi ed al sacro ruolo a cui è destinato.

«Imperava il rock sinfonico e io, da appassionato di lirica quale sono, pensai a un testo d’ambientazione wagneriana. Le fanciulle fiore sono una citazione esplicita ma il personaggio è frutto della mia fantasia. Un po’ Re Artù, un po’ Robin Hood, è un Parsifal quasi disneyano, ma incuriosiva». Valerio Negrini

"Parsifal" è stato anche il brano che ha acceso l'attenzione sull'allora ancora ventiduenne Dodi Battaglia, che in questo brano rivela più di quanto mai accaduto prima di essere in possesso di una notevole tecnica ma soprattutto di un enorme feeling innato, che lo mette da subito alla pari di suoi colleghi che al tempo andavano per la maggiore, come Alberto Radius, Nico Di Palo, Franco Mussida. Nella suite, nonostante l'impianto classico-sinfonico ed il forte apporto dell'orchestrazione, trovano posto ben tre diversi assoli di chitarra che sono, ancora oggi, croce e delizia di ogni provetto chitarrista italiano.

«Questo pezzo ha segnato una svolta importante nella storia dei Pooh. In quel periodo avevamo una certa voglia di cambiamento, volevamo sviluppare uno stile che, pur senza abbandonare la forma-canzone che ci aveva reso famosi, rappresentasse un passo avanti rispetto alle cose che avevamo fatto fino a quel momento. In quel periodo si respirava aria di cambiamento, di rinnovamento, e in queste fasi è importante sapersi guardare alle spalle, analizzare in modo critico quello che di buono arriva dal passato. Così abbiamo scoperto l’esistenza della musica sinfonica e abbiamo capito che tutti i gruppi che in quel periodo facevano quel genere definito "progressive" in realtà non avevano inventato niente: si trattava solo di arricchire il pop con elementi presi a prestito dalla musica sinfonica. Così abbiamo iniziato a scrivere brani un po’ più complessi, senza porci il limite dei tre, quattro minuti come era successo fino ad allora. Parsifal è un bell’esempio di contaminazione tra i generi, racchiude elementi melodici, popolari e sinfonici. È un pezzo bellissimo sotto il profilo strutturale. Per quanto mi riguarda, ci sono interventi di chitarra che ritengo validissimi ancora oggi. C’è un assolo che rappresenta lo spirito del mio approccio musicale: un mix di tecnica, feeling e cuore. Quell’assolo lo feci con una Junior acquistata in un negozio sulla 48esima Strada a New York». Dodi Battaglia

Come avrebbe dichiarato anni dopo D'Orazio, il gruppo cominciò con questo album a cercare di infilare in ogni album quello che scherzosamente chiamavano "pezzolone", un brano diverso da tutto il resto dell'album per testi e per trame sonore. Su questi la meticolosità, che era già sensibilmente aumentata con l'arrivo di Canzian nelle fila del gruppo, diventava a tratti quasi una febbre che aumentava la sinergia fra tutte le persone materialmente coinvolte nella realizzazione dei brani, a partire dal produttore Giancarlo Lucariello fino ad arrivare all'assistente dell'ingegnere del suono.

«Per la parte cantata Valerio, che era un appassionato di lirica, pensò che l’ideale sarebbe stato scrivere un testo di ambientazione wagneriana: le fanciulle in fiore sono una citazione esplicita, ma il resto nacque dalla sua fantasia. Il Parsifal che cantiamo è un mix tra Re Artù e Robin Hood. In sala ci complicammo la vita in tutti i modi possibili, nel senso che ognuno di noi si dava da fare per cercare le soluzioni tecniche più complesse. Insomma, ci stimolavamo uno con l’altro. Il disco lo registrammo utilizzando un 8 piste. La parte più difficile fu fondere i nostri suoni con lo straordinario lavoro di arrangiamento che Franco Monaldi aveva fatto per l’orchestra. Fummo costretti a rifare il mixaggio parecchie volte, fondere assieme la sinfonica con il nostro suono sembrava impossibile. Ai tempi le tecnologie erano quel che erano, bisognava cucire tutto a mano». Stefano D'Orazio

Tecnicamente "Parsifal" è da definirsi una suite perché presenta una spiccata divisione in tre tempi differenti: due in 4/4 ed uno in 6/8. Nell'album successivo apparirà una vera e propria suite di enorme bellezza, "Il tempo, una donna, la città", che confermerà le capacità del gruppo di innalzarsi ben oltre il livello medio del pop italiano, se ancora ce ne fosse stato mai bisogno.
Il brano originale è in tonalità di RE minore e si apre con un accordo di pianoforte su cui parte il canto per la voce particolare di Battaglia, spesso preferita da Lucariello a quella degli altri componenti del gruppo che si dividevano le voci soliste. Parte il racconto di un'alba e di un giovane selvaggio che vive in una foresta, ignaro del cammino sanguinoso della storia del mondo al di fuori del suo bosco, a cui la parte per sola voce e piano conferisce un'atmosfera fra la nebbia ed il sogno. Degli accenti più decisi del piano introducono l'arrivo dei cavalieri che, "simili a dei", irrompono ai margini della foresta dove il ragazzo vive. Tuttavia il protagonista non li teme affatto, dato il suo innato coraggio, e nonostante l'arrivo sulla scena di queste figure ignote venga espresso, come in un batticuore improvviso, dall'ingresso della batteria di D'Orazio.

In una immagine epica, la figura del ragazzo si staglia contro gli stranieri (Parsifal è anche sinonimo di "puro folle", come ampiamente verrà spiegato nell'articolo dedicato alla figura del mito), accompagnato dall'unione di batteria, basso e chitarra elettrica al pianoforte, mentre si sentono montare gli archi ed alla voce di Battaglia si uniscono le voci degli altri componenti del gruppo.
Ora il protagonista ha compreso che quella è la sua strada: partire con i cavalieri per cercare la luce del Graal e diventarne il custode. Inizia quindi la sua corsa nel mondo degli uomini sulle note del primo lirico assolo di chitarra elettrica di Battaglia, srotolato sugli stessi accordi delle strofe precedenti, ora scanditi nettamente sugli archi più presenti e rafforzati da un coro con forti reminiscenze wagneriane. La fine dell'assolo lascia spazio di nuovo al piano ed alla voce di Battaglia che riprende a narrare la storia del cavaliere in una veloce carrellata che ha due estremi: da quando i cavalieri gli raccontano di Dio e del Re, a quando i suoi viaggi lo portano a conoscere le fanciulle-fiore (uno dei precisi punti di contatto con la saga wagneriana del Parsifal, in cui queste figure femminili rappresentano la carnalità).

Con alle spalle la sua vita così come l'aveva vissuta fino a quel momento, inizia pian piano a manifestarsi il distacco del Parsifal di Negrini da quello di Wagner e del ciclo arturiano. La nascita di un nuovo dubbio coincide con l'incontro con la realtà dell'amore, nella figura di una donna (rappresentazione diversa della Kundry del ciclo wagneriano) di età indefinibile ed incantata. Per lei Parsifal abbandona il suo "sacro" destino e rinuncia alla sua ricerca che, pur senza mai precise indicazioni, può associarsi a quella iconografica del Sacro Graal, come il suo omonimo. Parsifal abbandona così le spoglie di guerriero per congiungersi con la sua amata nel limbo senza tempo dell'amore, lasciando le armi ed il suo retaggio di cavaliere in riva al fiume, dimenticate.
Compito di suggellare il distacco di Parsifal dalla sua vita precedente è del secondo breve assolo di chitarra elettrica di Battaglia. A partire da qui il brano è stato diviso, nella versione per il singolo, in Parte I e Parte II, così come sull'album viene diviso per distinguerne gli autori, Negrini e Facchinetti per la prima parte cantata ed il solo Facchinetti per la seconda parte strumentale.
La seconda parte, in 6/8, si apre prima con il gruppo costituito da chitarra, tastiere, basso e batteria, a cui poi fa eco la sola orchestra, poi si uniscono rendendo questo movimento maestoso e pregno di reminiscenze wagneriane, quasi a voler indicare il consumarsi fisico di quell'amore nato fra il cavaliere e la donna misteriosa (reminescenza della figura di Kundry dell'opera di Wagner). Qui vi è il recupero di una parte già eseguita precedentemente in concerto, con ancora Riccardo Fogli al basso, in una suite dove questa concludeva l'embrione de "L'anno il posto l'ora" ed alcune improvvisazioni e parti corali poi accantonate definitivamente. A questa parte veniva dato il titolo (nelle setlist dei concerti) di "Un maiale per Ringo", con un riferimento ironico al Morricone delle colonne sonore degli spaghetti-western (i titoli di lavorazione delle canzoni sono spesso giochi di parole e contengono inside joke ad uso del gruppo e dell'entourage).
Resta la sola orchestra in un'ariosa riproposta del movimento precedente, con un arpa ad accompagnare i passaggi dell'armonia, la dolcezza dopo la passione bruciante che lascia i due amanti spossati e che conduce al recupero del primo movimento in 4/4. Il piano sembra accompagnare i due amanti che si ritrovano, attraverso un passaggio che ripropone la parte finale del secondo assolo di chitarra ma per sola orchestra, proiettati di nuovo nel movimento in 6/8. Questa volta è il coro tenorile, unito all'orchestra, a conferire un tono epico e decisamente wagneriano al brano, con una maestosità dove il fascino dell'orchestra tutta lascia veramente a bocca aperta l'ascoltatore.

Si arriva ora alla parte più "antica" della suite, risalente alla seconda metà degli anni '60 e quindi al periodo Vedette. Apparsa nella sua versione demo con il titolo "Contrasto" sull'album omonimo, assemblato con alternate takes e versioni demo dal discografico Sciascia per sfruttare il successo di "Piccola Katy", era suonata dalla formazione composta da Negrini, Goretti, Facchinetti e Fogli. L'album, pubblicato all'insaputa e senza l'autorizzazione del gruppo (in quel periodo in tournèe), venne su richiesta di questi ritirato dal commercio.
In 4/4 e per solo pianoforte nella prima strofa, rappresenta un efficace momento riflessivo nell'economia della suite e vede l'aggiungersi dell'orchestra e del gruppo, a partire dalla seconda strofa, in cui si inserisce a tessere la melodia la chitarra di Battaglia. A Dodi viene poi lasciato ampio spazio per il terzo assolo di chitarra, a parere di chi scrive quello più lirico e sentito, appoggiato su un'orchestrazione che conferisce un'ariosità ed una sensazione di pace ad un brano che, di sicuro in alcune parti, ha una forte valenza solenne e quasi tragica.
La differenza con i due precedenti assoli è che, mentre quelli si inserivano su parti in tonalità minore, quindi con una connotazione se vogliamo "triste", il terzo è invece in tonalità maggiore, cosa che conferisce solarità ed apertura al pregevole lavoro di Battaglia. Ricordiamo che all'epoca il chitarrista bolognese aveva solo 22 anni e dimostrò con questo assolo (più di quanto già di pregevole ma poco noto aveva inciso) di avere una tecnica già notevole ed un feeling superiore alla media dei suoi colleghi italiani.
L'assolo è più lungo degli altri due ma si chiude quasi troncandosi per lasciare di nuovo spazio al movimento in 6/8, per orchestra e gruppo (per capirci, di nuovo "Un maiale per Ringo") che in dieci battute chiude il brano con un crescendo in maggiore.
Parsifal ha ora preso coscienza di quel che veramente conta per lui e, dopo un ultimo sguardo al suo passato di cavaliere, si consegna al solo mito in cui ha scelto di vivere, quello dell'amore.

Parsifal è l'unica canzone dell'album ad apparire, nell'ambito discografia ufficiale, oltre che nelle raccolte anche negli album "live", essendo da sempre uno dei pezzi più amati dal gruppo e dai fans. Tuttavia, anche se presentata a volte in concerto, viene spesso sacrificata e non presentata nella sua versione integrale, per motivi noti solo al gruppo stesso. Al tempo fu pubblicata su singolo per il solo circuito juke box nella versione "Parsifal (parte prima) / Come si fa" e, per il circuito promo, nella versione "Parsifal (parte prima) / Parsifal (parte seconda)".
In versione integrale "live" il brano è apparso sugli album "Palasport" del 1982 e "Buonanotte ai suonatori" del 1995 (scelta incomprensibile, data la natura per la maggior parte "unplugged" del disco). Solo "parte" della seconda parte, invece, è apparsa sul CD single "Portami via + Bonus track live" del 2001, in un medley in cui figura anche "L'anno, il posto, l'ora", su "Pooh Live noi con voi versione integrale" del 2007 e su "Dove comincia il sole - 27 agosto 2011 Castello di Este", inclusa la versione con DVD "Dove comincia il sole - 27 agosto 2011 Castello di Este Luxury Edition" del 2011.
Ci sono molte aspettative sulla presenza della notevole versione presentata in "Opera Seconda in tour" con la ESO nel DVD registrato a Treviso e che sarà la prossima pubblicazione del gruppo, nella seconda metà di ottobre di quest'anno.

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