Pooh - Notizie e novità del 2017 - Novembre

Dodi Battaglia: «La vita e' l'arte degli incontri» - Seconda parte - Martedi' 14.11.2017

Dodi Battaglia

Riprende in questo articolo la seconda parte del resoconto della lunga intervista tenuta dal giornalista Gianni Poglio a Dodi Battaglia l'8 novembre scorso presso il Teatro Comunale di Caserta. L'occasione la giornata inaugurale della tappa campana di "Panorama d'Italia", il tour del magazine Mondadori alla scoperta del meglio dell'Italia.

Avevo la valigia di cartone, come nei film di Totò, però avevo un giubotto di pelle bellissimo che avevo comprato con una estate di sacrifici lavorando a Cattolica col mio ex gruppo ed erofighissimo: la valigia di cartone, ma il giubotto di pelle! Dodi Battaglia

Poglio ha accennato alla festa di piazza che l'1 giugno 2018 Dodi ha intenzione di organizzare.
«La mia riflessione ogni sera» ha spiegato il chitarrista, «quando scendevo dal palco coi Pooh era: stiamo festeggiando cinquant'anni, ma io di questi cinquant'anni in realtà ne ho fatti quarantotto [...]. Allora ho pensato che, una volta finiti i festeggiamenti dei cinquant'anni con i Pooh era carino che una città che ha tanti musicisti come Bologna dedicasse a un suo figlio, che sono io, una serata in cui io regalassi insieme al mio gruppo una serata alla città della musica. Perché il 1° giugno? Intanto è il mio compleanno, poi saranno cinquant'anni da quando due persone molto geniali che si chiamano uno Valerio Negrini e l'altro Roby Facchinetti, vennero a trovarmi in un locale a Bologna, mi sentirono suonare, io suonavo malissimo ai tempi, dissero: "Quello diventerà il prossimo chitarrista dei Pooh!". Ci avreste mai creduto? Io stesso non ci credevo. Devo dire grazie alla proiezione che certe persone hanno del futuro, io sono diventato chitarrista dei Pooh grazie a quella cosa che è accaduta intorno al mio compleanno, per cui sono cinquant'anni di professionalità anche se poi io sono entrato a far parte dei Pooh a settembre».
Poglio ha osservato che Dodi ai tempi ricevette la consegna del silenzio. La cosa più bella è che tu non hai potuto dire che eri dei Pooh.
Dodi: «Questa è la cosa più brutta [...]. Quando Valerio e Roby mi chiesero di entrare a far parte del gruppo dei Pooh, che sarebbe avvenuto appunto a settembre, mi dissero: "Però acqua in bocca, non parlarne con nessuno, neanche con tua madre" [...]. Io scoppiavo di gioia e invece muto [...]. La prima volta mi sono venuti a prendere sotto casa con un furgone che loro avevano acquistato a botte di cambiali. Aveva più finestre che ruote, anche di sopra e meno male che era settembre, loro avevano fatto l'estate. Ai primi tempi eravamo magrissimi per il caldo bestia dentro quell'affare, un Ford Transit furgonato. Io avevo la valigia di cartone, come nei film di Totò, però avevo un giubotto di pelle bellissimo che avevo comprato con una estate di sacrifici lavorando a Cattolica col mio ex gruppo ed erofighissimo: la valigia di cartone, ma il giubotto di pelle!».

1969, i Pooh a Milano

Se vuoi arrivare al cuore della gente devi essere normale e non è facile, ho scoperto, esserlo quando fai questo mestiere. Dodi Battaglia

Gianni Poglio ha poi chiesto: «Il gruppo Adelmo e i Suoi Sorapis come lo inquadri nella tua storia di divertimento con la musica?».
«Adelmo e i Suoi Sorapis esiste ancora», ha precisato Battaglia. «E' un gruppo che abbiamo formato io, Zucchero Fornaciari, Maurizio Vandelli, Michele Torpedine, Fio Zanotti e Ubi Maggi che era l'ex bassista dei Nomadi. Era un gruppo di cialtroni che si sono messi assieme per divertirsi con lo spirito che avevano le vecchie orchestre emilano romagnole, per cui c'erano tre note e la battuta, quattro note e una presa per i fondelli [...]. Adelmo e i Suoi Sorapis sono ancora vivi e vegeti e secondo me c'è aria di ritorno [...]. Ho però fatto una grande sciocchezza, mi sono dimenticato il ventennale [...]. In questo mondo di artisti che si prendono molto sul serio [...], più sei normale, più sei vicino alla gente, più capisci quelli che sono i termini di comunicazione con la gente. Se vuoi vendere i dischi [...], se vuoi durare cinquant'anni devi parlare con la gente, devi essere una persona normale. Se vuoi arrivare al cuore della gente devi essere normale e non è facile, ho scoperto, essere normali quando fai questo mestiere [...]. La noramlità è un atteggiamento che si acquista, nella mia vita ho avuto la possibilità di conoscere tanti artisti, anche internazionali e più grande era l'artista, più umile era. Se tu vuoi fare questo mestiere e lo vuoi fare di successo, come i grandi, devi essere umile».

La cosa che mi manca di più, oltre all'amicizia è il confronto quotidiano sia sotto il profilo musicale, anche sotto il profilo di vita normale. Dodi Battaglia

Dodi ha spiegato come sia ora la sua vita artistica ma anche personale, considerata l'assenza del riferimento umano e professionale degli altri Pooh: «Devo dire grazie a una idea che ho condiviso con i miei colleghi, il fatto di stare due anni fermo per preparare il cinquantennale. Ho pensato fosse un periodo troppo... però mi sono organizzato, io non sto due anni ad aspettare il cinquantennale, cosa faccio? Lucido le chitarre per due anni? [...] allora ho fatto molti seminari e come tutti ben sappiamo ogni volta che insegni una cosa impari tu [...]. Poi ho avuto l'occasione di fare alcuni concerti in occasione di un tour con Tommy Emmanuel, che per chi non lo sapesse è il più grande chitarrista del mondo [...]. Ho avuto la possibilità di non essere proiettato da una vita di gruppo in cui facevamo cinquanta, sessanta concerti all'anno, a due anni fermo poi presentarmi a San Siro, perché è devastante. Nonostante io faccia questo mestiere da più di un giorno, se tu stai fermo due anni e ti presenti a San Siro, hai le gambe che ti si piegano [...]. Ho avuto la possibilità in questi due anni di suonare, di fare dei concerti con un altro gruppo, di fare concerti con Tommy, alcuni li ho fatti con delle cover band perché ho trovato anche bello che io fossi ospite di coloro che portavano avanti la mia musica, anche se non erano i Pooh [...]. La cosa che mi manca di più, oltre all'amicizia è il confronto quotidiano sia sotto il profilo musicale, anche sotto il profilo di vita normale [...]. E' una condivisione che ti rafforza [...]. Da solo, sei tra te e te; che ha dei lati positivi, nel senso che sali sul palco e ti becchi tutti gli applausi [...], poi però ti ritrovi un pochino da solo. Grazie ai miei amici musicisti, al mio manager, a sua moglie e al mio assitente Gaetano Simone abbiamo abbiamo creato un team lavorativo per cui ci si confronta, perché uno da solo finisce un concerto, si ricorda magari una parte che non funzionava bene e con chi ne parli? C'è bisogno di un confronto quotidiano. Questa è la cosa che mi manca di più, questo oltre al profilo musicale in sé, perché quando noi facciamo il nostro mestiere, io sto un mese a scrivere, scrivo delle cose belle e delle cose brutte, sono un pessimo giudice di me stesso, ma se ho altre tre, quattro persone davanti, vedo le facce [...]. Per cui è il gruppo lavorativo, al di là che sia musicale, piuttosto che faccia altre cose, è vincente».

Anch'io ho fatto il virtuosismo, però ho studiato tanto per metterlo a disposizione di quella che è la musica e il mio approccio chitarristico è sempre molto armonico, assomiglia un po' a quello che potrebbe essere quello di un pianista. Dodi Battaglia

Poglio ha osservato come con la scaletta del tour portato nelle piazze d'Italia la scorsa estate, Dodi abbia ripercorso quasi tutta la sua storia artistica, andando a prendere anche cose del periodo in cui i Pooh facevano quasi progressive rock, o cose del periodo beat come "Piccola Katy": una vera e propria fotografia di una storia che attraversa decenni.
Dodi: «Ho voluto racchiudere in questo spettacolo che poi è diventato un disco: "e la storia continua..." significa che la mia storia è fatta di questo, è fatta di "Piccola Katy". Quando uno mi dice: "Ma non ti sei rotto le balle di suonare "Piccola Katy"?", io lo mando a quel paese perché bisogna avere rispetto per queste cose qua. Io ho grande rispetto e ogni sera trovo una nuova motivazione, se non mi emoziono più cambio chitarra, se non mi emoziono più mi faccio cambiare l'ascolto in cuffia... non puoi fare questo mestiere se non hai l'entusiasmo. Il segreto di questo tour, di questo disco penso che sia prorpio questo: la scaletta che racchiude tutto ciò che è stata la mia storia, da "Piccola Katy" fino al prog, fino ai miei album solistici soltanto con la chitarra acustica, fino ai miei album che ho fatto con Tommy, fino alle canzoni più delicate[...], più rock, perché io sono tutto questo [...]. Per me c'è musica bella e musica brutta, non ci sono alternative. Sarà che sono un fisarmonicista sostanzialmente, per cui ho un approccio diverso da quello che sono gli altri chitarristi che sono solo virtuosismo. Anch'io ho fatto il virtuosismo, però ho studiato tanto per metterlo a disposizione di quella che è la musica e il mio approccio chitarristico è sempre molto armonico, assomiglia un po' a quello che potrebbe essere quello di un pianista. Per cui sono un po' atipico e coniugo credo abbastanza bene assieme quella che è la storia dell'italianità musicale che va dai primi del '900 con Rossini, Puccini, la canzone napoletana che io adoro. Per cui il segreto di questo disco è proprio nello svolgersi di tutte queste anime messe assieme, coniugate da un unico artista e da un gruppo che ne interpreta agevolmente sia nella maniera prog, nella maniera rock, nella maniera unplugged; nell'ultimo album fatto con Tommy c'è un brano che si chiama "Mediterranean girl" se tu dici "Lo ha fatto Dodi Battaglia", è impensabile [...], però queste varie sfaccettature convivono in me».

Nessuno di noi sarebbe qua se non fosse esistito Valerio Negrini, perché questa è la grande verità. Dodi Battaglia

Dopo aver eseguito "Piccola Katy", Battaglia ha raccontato i retroscena che hanno portato al suo ingresso nel 1968 nel gruppo pop originario di Bologna: «Sono entrato a far parte dei Pooh quando il chitarrista che ne faceva parte prima ha deciso di lasciare il gruppo [...]. Ai tempi c'era questo crinale per cui o facevi il musicista o ti sposavi. Facevi il musicista e andavi in giro e "impollinavi" qualsiasi ragazzotta che trovavi, oppure se volevi una moglie a casa dovevi stare a casa [...], per cui dovevi fare la scelta: o la musica, o la famiglia. Credo che la allora sua fidanzata [...] gli avesse dato una specie di àut àut in questi termini [...], in un momento in cui i Pooh non erano di successo e dovevano ancora incidere "Piccola Katy". Per cui lui ha inciso "Piccola Katy" e ha detto prima dell'estate: "Io a settembre vado via". Ecco perché vennero Roby e Valerio a chiedermi di entrare a settembre all'interno del gruppo [...]. Nel frattempo "Piccola Katy" è stato un successo fantastico [...] e lui ha dovuto mantenere fede ai suoi impegni, alle sue promesse e io sono entrato a far parte del gruppo a settembre. Lui si chiama Mario Goretti [...]. La vita è l'arte degli incontri, perché io non sarei qui se non avessi conosciuto Valerio Negrini grazie a quello che faceva parte del gruppo nel quale io suonavo ai tempi. Riccardo non sarebbe stato parte dei Pooh se i Pooh non fossero andati a suonare a un certo punto a... Red non sarebbe riuscito a dare il suo contributo ai Pooh se Nicoletta Strambelli non si fosse innamorata perdutamente di Riccardo Fogli. C'è sempre un motivo. Io non suonerei e non avrei lo stesso atteggiamento con la musica se non avessi conosciuto Tommy Emmanuel. Nessuno di noi sarebbe qua se non fosse esistito Valerio Negrini, perché questa è la grande verità. Perché lui è stato il fondatore dei Pooh, è stato l'ideatore insieme a Mauro Bertoli di quello che è diventato il più grande e longevo gruppo italiano, me compreso, per cui grazie Valerio!».


Fine seconda e ultima parte.

Autore - Michaela Sangiorgi