Valerio Negrini, il donatore di parole - Parte 1 - Mercoledì 19.06.2019
La sera di martedi 11 giugno presso il Cortile Maggiore di Palazzo Ducale, in occasione di uno degli appuntamenti del 25° Festival Internazionale di Poesia di Genova, è stato dedicato un incontro alla figura di Valerio Negrini, compianto fondatore e paroliere dei Pooh. L'occasione ha fatto sì che gli venisse attribuito, postumo, il "Premio Speciale Parole Spalancate", «Un riconoscimento dovuto a un artista schivo ma che ha scritto testi indimenticati che tutti hanno cantato almeno una volta nelle loro vita», come spiegato nel comunicato stampa da Claudio Pozzani, direttore della manifestazione. «Nel nostro Festival sono passati alcuni fra i più grandi poeti, cantautori, parolieri a livello internazionale e non essendo riusciti a invitare Valerio Negrini, vogliamo omaggiarlo ora con un premio e una serata speciale che possa ripercorrere la sua attività di "donatore di parole"».
Tra i protagonisti della serata e fautore della premiazione Dodi Battaglia, chitarrista dei Pooh ed entrato nel 1968 nel gruppo grazie alla lungimiranza di Negrini. A sua volta nel comunicato stampa ha spiegato: «Valerio ha scritto pagine importanti della storia della musica italiana. La sua sensibilità, unita alla grande attenzione che aveva nei confronti degli altri e del mondo gli hanno permesso di scrivere testi in cui molti hanno saputo riconoscersi. La sua poetica è entrata a far parte del lessico quotidiano di quanti amano le sue canzoni e la discografia dei Pooh».
Claudio Pozzani ha così introdotto l'incontro ed il moderatore della serata: «E' un evento che abbiamo voluto veramente con tutte le forze perché è un giusto riconoscimento all'artista che attraverso le generazioni ha regalato parole magnifiche: sto parlando di Valerio Negrini [...] Vorrei fare un grandissimo applauso all'artista Dodi Battaglia ma anche all'essere umano Dodi Battaglia, perché è stato soprattutto grazie a lui che abbiamo organizzato questa serata in un festival di poesia come il nostro [...]. Voglio chiamare qua sul palco un amico, ma soprattutto un giornalista a noi tutti noto che è Dario Vassallo».
Claudio Pozzani, direttore del 25° Festival Internazionale di Poesia di Genova.
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Dario Vassallo: «Dall'applauso che avete fatto credo che molti di voi conoscono Valerio Negrini. Per i pochi che non lo dovessero conoscere ricordo brevissimamente che è stato il fondatore dei Pooh, batterista fino al 1971 quando ha passato il testimone a Stefano D'Orazio, ma ha continuato comunque fino alla fine ad essere il paroliere dei Pooh, fino a quando purtroppo non è mancato prematuramente nel gennaio del 2013. Se è vero come è vero che, come dicono d'altronde molti critici, non c'è stato tema che i Pooh non abbiano affrontato nel corso della loro carriera, questo è merito di Valerio che ha parlato di amore, ha parlato di amicizia, ha parlato di viaggi, ha parlato di zingari, ha parlato di prostituzione, ha parlato di aborto, ha parlato di omosessualità nel '76, quando era considerata un tabù. Questo era Valerio Negrini, questo e molto altro».
Dario Vassallo, giornalista. Clicca per ingrandire.
Ha fatto il suo ingresso sul palco Dodi Battaglia, chitarrista, cantante e compositore originario di Bologna come lo stesso Negrini. Ha risposto così all'invito di Vassallo a condividere il suo primo ricordo di Valerio: «Ero veramente piccolo, giovane, giovanissimo... Ero un fan dei Pooh, andai a comprare il disco di "Piccola Katy", perché i Pooh erano il gruppo più importante che c'era a Bologna [...]. Me l'ero imparata e lo incontrai una volta ad un concorso di complessi: me lo ricordo seduto su una cassa, di quelle da imballaggio per gli strumenti musicali. Lui ai tempi si era ossigenato i capelli e seduto su questa cassa suonava i brani dei Pooh. Dico: "Ma pensa che figo, così alla buona!". Invece il ricordo più importante per me è quando io suonavo in un locale a Bologna, era il locale dei Dipendenti Comunali e lui venne insieme a Roby Facchinetti a sentirmi suonare. Io avevo 16 anni, 17 anni quasi e pensate l'intelligenza e la sensibilità delle persone che vennero a sentirmi suonare e dissero insieme ([...] suonavo abbastanza male in quel periodo): "Quello diventerà il prossimo chitarrista dei Pooh!". Probabilmente embrionalmente promettevo bene, ma in quel caso Valerio e Roby hanno dimostrato credo di avere molta lungimiranza, tale e tanto che dopo cinquant'anni sono rimasto ancora il chitarrista dei Pooh e abbiamo fatto tanta strada assieme, per cui Valerio era già avanti rispetto a chiunque di noi già ai tempi».
Dario Vassallo: «Che persona era?».
Dodi Battaglia: «Valerio era innanzitutto un artista e in quanto artista era [...] incapace di non inciampare quando doveva fare due gradini, di non dimenticarsi, che ne so, le chiavi a casa piuttosto che i documenti, di non dimenticare se stesso, per esempio [...]. Era di una simpatia travolgente e credo sinceramente di poter dire che lui era il più artista di tutti noi cinque, o sei, perché i Pooh son rimasti in quattro, lui era il quinto Pooh, il sesto potrebbe essere Riccardo Fogli. Tutti noi siamo artisti, ma lui era veramente con la testa fra le nuvole. Stare con lui era come essere fuori dal tempo, tale e tanto che ha scritto [...] un brano che si chiama "Dove comincia il sole", un testo in cui lui racconta un po' la genesi dell'uomo e quello che è il passato prima dell'inizio del mondo e il futuro dopo la fine del mondo, per cui questo mondo senza tempo che solo Valerio è in grado di raccontare».
Dario Vassallo e Dodi Battaglia. Clicca per ingrandire.
Dario Vassallo: «Dal punto di vista della creazione, dell'atto della creazione, ha detto che grazie a lui avete affrontato tutti i temi, ovviamente in 50 anni. Sono tutti i temi possibili, che lui però affrontava senza mai banalizzarli [..]. Puoi dirci come nasceva in lui il percorso di creazione di una canzone?».
Dodi Battaglia: «Non gliel'ho mai chiesto perché ognuno di noi si è sempre occupato di una parte del lavoro. Lui faceva il poeta dalla mattina alla sera, per cui io sapevo che quando facevo un brano e glielo davo in gestione, potevo essere sicuro che avrei portato a casa il risultato. Lui [...] non amava organizzare i suoi tempi, viveva il momento così, ti mandava anche a quel paese magari, come tutti gli artisti, quelli veri e non aveva una metodologia, credo, in quello che faceva. Viveva di istinti, di vita quotidiana, tale e tanto che si spostò prima da Bologna e poi da Milano per avere più contatto con la gente. Quando lui dice: "Li incontri dove la gente viaggia e va a telefonare, perduti nel Corriere della Sera", lì vedi proprio l'immagine di uno che vive Milano, dove lui si trasferì, con un'ottica da poeta, da grande, per cui la sua grande tecnica era il fatto di essere molto intelligente, molto istruito, anche se gli piaceva essere alla mano, alla buona, parlare come parlano tutti ma aveva una conoscenza della storia, della geografia e di come funziona il mondo veramente importante [...]. Io credo che i grandi artisti come Valerio non si siano formati: nascono così, è il talento, non c'è niente da fare [...]. Io ho un rammarico nei confronti di Valerio. Io, ma anche i miei colleghi, mi son sempre chiesto: ma una persona con un talento così perché si deve limitare a scrivere dieci, dodici canzoni all'anno? Od ogni due anni? Immaginatevi che cosa avrebbe potuto scrivere di libri, di articoli, testi per altre persone. Ma lui era così, [...] io lo amavo perché era così: era un bonaccione, era un buono».
Dario Vassallo: «Non so se tu sei d'accordo, però io ho sempre avuto l'idea che avesse un'anima "beat libertaria" [...]: era nato beat, era nato anche hippy, questa cosa qua se l'è trascinata poi per tutta la vita. Mi viene in mente per esempio pensando a "Quaderno di donna", dicevo dei temi che aveva affrontato nel corso degli anni: era il '78, c'erano le leggi sull'aborto, c'era tutto un movimento contro le femministe e lui scrive questa canzone che invece appoggia quelle che sono le rivendicazioni femminili del tempo».
Dodi Battaglia: «Lui era assolutamente contro, io scherzando gli dicevo: "Tu hai la sindrome di John Lennon, nel senso che sei sempre contro l'establishment, contro il sistema, contro i grandi [...]". "Vuoi fare questa cosa?". "No!", la risposta era no, ma era una generazione di "no". Chiunque di noi gli venissero fatte delle proposte diceva "No! No perché tu mi vuoi fregà!". In effetti, non è che poi sia andato molto più diversamente da come noi pensavamo. Lui era un bambino arrabbiato, come molti di noi della nostra generazione: abbiamo visto le piazze piene di contestazione, gli anni '70. Lui era proprio un ragazzo beat, di quelli che andavano contro la corrente normale, che utilizzavano i termini come "matusa" o come "il sistema" e tutte queste cose che oggi sembrano non avere più un significato, ma ai tempi era una maniera di vita».
Dario Vassallo: «C'è una chitarra, tu hai anticipato che suonerai tre pezzi questa sera. Allora chiederei di suonare il primo, di cominciare con il primo introducendolo».
Dodi Battaglia: «Ho pensato di portare con me uno strumento [...] ma non voglio cantare, perché le parole in certi casi sono un po' fuori luogo. Allora ho scelto dei brani strumentali, uno dei quali è "Parsifal" e credo che soltanto una persona come Valerio avrebbe potuto scrivere un testo così importante, così profondo, così raccontativo, così pieno di significato e così storico. Credo che questo brano [...] rappresenti per me, per i Pooh e anche per Valerio l'esempio di come il gruppo dei Pooh da un certo punto della nostra carriera ha pensato di evolversi e di non scrivere soltanto, fra virgolette, "Piccola Katy", "Tanta voglia di lei" o "Pensiero". A quel punto noi abbiamo "investito" sulla capacità che aveva Valerio di raccontare queste storie con grande eleganza, con grande know-how, con grande conoscenza storica e geografica. Abbiamo [...] investito su questo grande personaggio che era appunto Valerio Negrini e abbiamo voluto fare questo brano appunto che si chiama "Parsifal"».
Dodi Battaglia esegue "Parsifal". Clicca per ingrandire.
Dodi esegue la seconda parte di "Parsifal", tratta dall'omonimo album del 1973.
Fine prima parte. Prosegue alla pagina "Valerio Negrini, il donatore di parole - Parte 2".
Autore - Michaela Sangiorgi